Page 240 - 0848_boiardi_interno.qxp
P. 240

Il bosco, Pan e l'universo


            nostri occhi il bosco come luogo ideale della vita, dove milioni d’anni fa
            un primate esitante provò a scendere a terra dall’albero ch’era la sua tana
            per iniziare, col bacino non del tutto adattato, barcollante pauroso affa-
            mato, quel cammino di bipede che ci ha portato a costruire il mondo
            attorno a noi secondo i nostri disegni, splendidi, titanici, capaci di
            costruire le torri svettanti al cielo, capaci anche di farle crollare nel san-
            gue e nei gemiti dell’uomo.
               Sarà forse per questa ragione d’etologia umana, che mille e mille anni
            fa, il bosco risonava di danze, di canti, di vita pulsante e forte, si popola-
            va di dei, semidei, di donne dei lupi, degli uomini-capri, delle ninfe fatte
            d’acqua e di muschio, dalle silfidi fatte di fuoco e di forza creatrice: vive-
            va viveva viveva... Oggi, forse per questo, abbiamo riscoperto il bosco
            nostalgicamente, paranoicamente, con tutti mezzi della scienza. Lo voglia-
            mo ritrovare. A pensarci a freddo, se non si pensa a quei canti, al brivido
            panico, alla coscienza del tutto, alla nostra origine, è tutto molto poco pra-
            tico: la ragione produttiva, quella del nostro ventre, quella che è soltanto
            strumento per trovar cibo come il grugno del porco (solo un po’ più raf-
            finato), ci parla soltanto di redditività, di sostituire le piante con altre più
            sfruttabili, di irreggimentare, addirittura eliminare il bosco quando non
            serve.
               Verde e bruno del bosco. Pietre rami secchi humus, alberi cespugli erba,
            microbi insetti rettili anfibi mammiferi, l’uomo. E tutto nel bosco, che si
            colora col sole, variando le luci e le ombre nella giornata, col lento anda-
            re dell’arco solare. Cangiante ed uguale. E ci si perde, a guardarlo, si resta
            incantati. Incantati, incantati, anche se non sappiamo più dare a questa
            parola il suo senso vero di fascino transumanante, di visione globale, di
            rottura del mondo geometrico e chimico e fisico e fatto di pezzetti.
            Incanto, visione al di là delle categorie spazio-temporali. Anche questo è
            il bosco, non solo una realtà biodinamica organizzata da Eros e Thanatos,
            dal travaglio del sopravvivere.


            Pan, che danza con le stagioni
               A tratti, insomma vivendo nel bosco, vivendo il bosco, l’uomo coglie
            un’altra verità, forse un’altra faccia della verità: il mondo non è più l’ordi-
       A
       n
       n
            nato, geometrico mondo delle scienze, della tecnica, ma assume l’aspetto
            danzante, inebriato dall’armonia in movimento, che ha in sé la vertigine, il
       oI-n
       .1
      244 SILVÆ
   235   236   237   238   239   240   241   242   243   244   245