Page 18 - Supplemento Rassegna 2017-3
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CARLO ALBERTO DALLA CHIESA: LA LOTTA DELL’ARMA ALLA MAFIA
Sulla scorta degli eccezionali risultati conseguiti sul fronte del contrasto al
terrorismo, il Generale dalla Chiesa viene nominato Prefetto e ancora una volta
inviato a Palermo dove si combatte la “seconda guerra di mafia”, una guerra
senza quartiere che si concluderà con il predominio dei Corleonesi.
Un’escalation di vittime eccellenti quella che va dal 1979 al 1983: magistra-
ti, carabinieri, poliziotti, sindacalisti, giornalisti, politici, fino al Presidente della
Regione Piersanti Mattarella, ucciso sotto casa il 6 gennaio 1980.
È la stagione dei grandi cambiamenti a cavallo dei primi anni Ottanta,
quando con difficoltà emergono i segnali di una risposta dello Stato, una rispo-
sta che sarà via via più penetrante e incisiva. Una stagione di cui sono, tra gli
altri, testimoni uomini come Boris Giuliano, Capo della Squadra Mobile della
Questura di Palermo, assassinato da Leoluca Bagarella il 21 luglio del 1979.
Uomini delle Istituzioni come Gaetano Costa, Procuratore della
Repubblica, ucciso il 6 agosto del 1980 per aver risposto ai richiami del dovere
in un’isolata battaglia contro una delle famiglie mafiose più pericolose. Come
Emanuele Basile, Comandante della Compagnia Carabinieri di Monreale, colpi-
to a morte il 4 maggio del 1980 con in braccio la figlioletta, Barbara, durante la
processione del patrono.
Un rito sacrificale che ha colpito ancora il 13 giugno del 1983 altri corag-
giosi rappresentanti dello Stato: il Capitano Mario D’Aleo e due suoi
Carabinieri, Pietro Morici e Giuseppe Bommarito, uccisi in via Scobar a
Palermo.
Uomini come il Maresciallo Maggiore Vito Ievolella, straordinario investi-
gatore del Nucleo Investigativo dei Carabinieri della Caserma “Carini”, stron-
cato in una giornata di settembre di 35 anni fa a Piazza Principe di Camporeale,
in compagnia della moglie, signora Iolanda, mentre aspettava la giovane figlia
Lucia.
Come l’Onorevole Pio La Torre, uomo politico e sindacalista al servizio
della sua terra, ucciso il 30 aprile 1982, profondo conoscitore dei nefasti effetti
del giogo mafioso e dei suoi meccanismi, tanto da presentare due anni prima la
proposta di legge per l’introduzione del reato di associazione di tipo mafioso e
il sequestro dei beni e la successiva confisca in caso di condanna.
Come i giovani Carabinieri Luigi Di Barca, Silvano Franzolin e Salvatore
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