Page 23 - Supplemento Rassegna 2017-3
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Intervento del Dott. Vincenzo Morgante
Direttore della testata Giornalistica Regionale della RAI
Grazie, al Comandante della Legione Carabinieri Sicilia il Generale
Galletta.
Grazie per questo invito dell’Arma dei Carabinieri. Il Generale Galletta
ricordava: 34 anni orsono erano le 21.15 del 3 settembre del 1982. Siamo in via
Isidoro Carini, una via del centro di Palermo, entrano in azione almeno otto
sicari a bordo di due auto, sono armati di mitra Kalashnikov, sono bene adde-
strati, sono spietati, seguono a distanza ravvicinata la autobianchi a112 su cui
viaggiano verso una serena cena a Mondello il Prefetto, Generale Carlo Alberto
dalla Chiesa, e la giovane sposa Emanuela Setti Carraro arrivata dopo l’amatis-
sima Dora. Tengono d’occhio anche l’auto di servizio guidata dall’Agente della
Polizia Domenico Russo: dalla sede della Prefettura in via Cavour a via Carini,
pochissimi minuti a quell’ora in periodo estivo. I killer entrano in azione, scari-
cano le loro armi su Carlo Alberto, su Emanuela, sull’Agente Russo. Alla cen-
trale operativa della Questura giunge una segnalazione anonima. È l’atto più
drammatico di una pesantissima estate di sangue: quella dell’82. Il 4 settembre
del 2013 il boss Totò Riina viene intercettato nel carcere in cui è recluso, le sue
parole sul Generale lo dipingono per il mostro che è. Testuali parole: «a primo
colpo, a primo colpo abbiamo fatto… eravamo qualche sette o otto di quelli
terribili, eravamo terribili, la 112 o uno o due o tre erano appresso, l’abbiamo
ammazzato, nel frattempo altri due o tre… lui era morto ma pure che era morto
gli abbiamo sparato là dove stava, appena è uscito… tatatata ed è morto».
Sul muro di via Isidoro Carini, tra i fori causati nell’intonaco dai colpi di
mitra, quella stessa notte viene appeso un cartello, in molti lo ricordiamo: «qui
è morta la speranza dei palermitani onesti». Chi vi parla aveva allora 19 anni, era
uno studente universitario e ammirava molto il Generale dalla Chiesa. Ero
molto attratto dal suo fascino, dalla sua eleganza, dal suo impegno, dimostrato
anche nella lotta al terrorismo.
Quella frase in quel momento era il pensiero di molti di noi, era il nostro
pensiero. Percepivamo di essere nel cuore di una tragedia collettiva, di una città
che avverte il gravame di essere capitale della mafia e di un Paese che appare
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