Page 25 - Supplemento Rassegna 2017-3
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INTERVENTO DEL DOTT. VINCENZO MORGANTE
dell’Arma, la massima carica allora per un Ufficiale dei Carabinieri. Carabinieri
che non sempre nelle sfere più alte mostrano per lui particolare ammirazione,
anzi: elegante ma per nulla felpato ottiene ciò che altri non riescono ad ottenere,
ottiene risultati. L’invidia è tanta, nel rispetto della tradizione e dell’onore mili-
tare è un innovatore, un formidabile innovatore e lui con coraggio ed alto senso
civico chiede di tornare a Palermo, quella città che conosce bene, ne conosce
fatti e misfatti. Quella città che ha visto cadere il Capo della Squadra Mobile
Giuliano, il Giudice Terranova, il Presidente della Regione Piersanti Mattarella,
il presidente delle carte in regola come viene definito, il Comandante della
Compagnia Carabinieri di Monreale, Basile, il Procuratore Capo di Palermo
Costa, il Segretario regionale del Partito Comunista Pio la Torre.
Dalla Chiesa per sua nobile richiesta arriva in quello che un collega gior-
nalista ha definito il «cratere di un vulcano nel pieno della sua attività». Preme
sul Governo, chiede in tutti i modi mezzi e uomini ma ad arrivare sono soltanto
le promesse.
Decide di rivolgersi direttamente alla pubblica opinione. Il 10 agosto
1982 il quotidiano la Repubblica pubblica una clamorosa intervista rilasciata
a Giorgio Bocca, il titolo è emblematico, dice tutto: «Quell’uomo solo contro
la mafia». «Non spero certo di catturare gli assassini ad un posto di blocco ma
la presenza dello Stato deve essere visibile, l’arroganza della mafia deve ces-
sare».
La mafia risponde subito, al centralino dei Carabinieri arriva una telefona-
ta dopo che sono stati con tracotanza abbandonati due morti dentro un auto
nei pressi della Caserma della Stazione Carabinieri di Casteldaccia. Per la prima
volta la mafia preannuncia un omicidio e intanto non arrivano i promessi poteri
al Prefetto che si muove per le strade della città senza tutela, senza scorta. Un
Generale dei Carabinieri non mette a rischio la vita di altri uomini a lui affidati.
Dalla Chiesa sentiva di essere lo Stato, di rappresentarlo, di servirlo.
Il seminario di studi di questa sera vuole essere un modo non consueto
per onorare la memoria di un grande italiano, per sottolineare il prezioso con-
tributo dell’Arma nella lotta alla mafia, per riconsiderare la vicenda umana e
professionale di dalla Chiesa nell’ambito di un periodo particolarissimo di que-
sta città, di questa regione e della storia dell’Italia intera.
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