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CARLO ALBERTO DALLA CHIESA: LA LOTTA DELL’ARMA ALLA MAFIA
• presenta, nel 1971, quel poderoso rapporto giudiziario nei confronti di
114 mafiosi, divenuto pietra miliare delle inchieste giudiziarie antimafia;
• indica alla Commissione parlamentare antimafia, il 26 aprile 1973, per la
prima volta la necessità di confiscare i beni e i capitali dei mafiosi “specie quan-
do - disse testualmente - si è avuta notizia di trasferimenti o investimenti
all’estero di capitali illecitamente acquisiti”.
Sette anni da Comandante di Legione, fuori dall’ordinaria prassi seguita
dall’Arma, quella, cioè, di limitare tali periodi di comando a due o tre anni; di
non indugiare su singole figure, specie se Ufficiali di grado elevato.
Carlo Alberto dalla Chiesa, però, è già da tempo intrinsecamente un per-
sonaggio: da quando - come si racconta - riceve la madre all’aeroporto di
Punta Raisi con il saluto militare, a quando, anfibi sul fango - boots on the
ground -, capeggia i propri uomini in quell’eccezionale sforzo logistico e orga-
nizzativo con cui l’Arma mostrò la sua straordinaria capacità di sostegno alla
popolazione per il terremoto del Belice del gennaio 1968. Un Comandante
d’esempio anche nell’essere fiero e orgoglioso dei suoi Carabinieri; quell’orgo-
glio che lo portò ad affermare nel corso dell’audizione alla Commissione anti-
mafia del 28 marzo del 1969 «non abbiamo paura di nessuno, nessuna perples-
sità guida il nostro procedere, non ci fermiamo di fronte a chicchessia. Ed è
questa la forza della quale meno vanto per i miei collaboratori e per i miei
uomini più modesti».
Una terra che conosceva bene. La conosceva fin dal 1949, quando da
Capitano, già postosi in luce a Casoria nelle attività anti banditismo delle
Squadriglie, era stato destinato su sua richiesta a Corleone, una città già simbolo
della mafia e dell’attività di contrasto dello Stato e dell’Arma.
Dalla Chiesa rimase a Corleone, in verità, solo 9 mesi, dal settembre 1949
al giugno 1950. Quei mesi gli furono sufficienti, però, per capire la mentalità,
gli schemi, le radici profonde di una struttura che spadroneggiava nel territorio
con tante zone d’ombra, contiguità, relazioni opache tra Istituzioni e società
civile.
Era stata una stagione di grande sforzo operativo per l’Arma quella che
va, in particolare, dall’armistizio di Cassibile, il 3 settembre 1943, all’uccisione
di Salvatore Giuliano a Castelvetrano il 5 luglio 1950.
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