Page 16 - Supplemento Rassegna 2017-3
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CARLO ALBERTO DALLA CHIESA: LA LOTTA DELL’ARMA ALLA MAFIA
Comprese presto, in particolare, come fosse necessario intaccare innanzi-
tutto l’aura d’invulnerabilità goduta dagli uomini d’onore agli occhi della popo-
lazione sottomessa; scuoterne il mito d’invincibilità di fronte alla legge di uno
Stato che faticosamente cercava di riprendersi dopo la guerra. È l’epoca in cui
si esprimevano le rivendicazioni proletarie dei contadini per la riforma agraria
e delle lotte sindacali di Accursio Miraglia, che cadde a Sciacca il 4 gennaio
1947, e di Placido Rizzotto, che una sera di marzo del 1948 scomparve proprio
a Corleone.
Il Capitano dalla Chiesa comprese subito il salto di qualità della metodo-
logia di una mafia che arrivava a eliminare un uomo ingombrante, esposto,
capace di creare seguito tra la gente e perciò estremamente pericoloso: un nemi-
co da abbattere.
Probabilmente, aveva anche intravisto, da quell’osservatorio privilegiato
che è Corleone, i prodromi della stagione del terrore che andrà poi ad abbattersi
violentemente sulla Sicilia, e che vedrà cadere lui stesso insieme a tanti altri
Servitori dello Stato.
Il Capitano dalla Chiesa è alla testa delle indagini sulla scomparsa di
Rizzotto. Procede con i metodi propri dell’epoca: assume informazioni, effet-
tua sopralluoghi, interroga le persone vicine alla vittima. Tutto il paese sa per-
fettamente che è stato Luciano Leggio (salito negli anni successivi alla ribalta
delle cronache con il cognome “Liggio”), giovane emergente a capo di un grup-
po di altri giovani scalpitanti che rispondono al capomafia Michele Navarra.
Con pazienza e piena convinzione delle sue tesi investigative, riesce a indi-
viduare le prove per incriminare e arrestare Liggio e altri due suoi uomini e a
trovare i resti di Rizzotto infoibato nella Rocca Busambra, la montagna che
sovrasta Corleone.
Il processo, protrattosi fino al 1961, si concluderà, purtroppo, con l’asso-
luzione degli imputati per insufficienza di prove. Ma è suo l’indiscutibile merito
di avere, per primo, messo a fuoco la pericolosità dei Corleonesi, intuendone le
capacità di crescita e, soprattutto, la spregiudicatezza del metodo, che si disco-
stava molto da quello della mafia fino a quel momento conosciuta.
Quando dalla Chiesa rientra a Palermo, nel 1966, questa volta al comando
della Legione Territoriale trova una mafia che, rispetto alla fine degli anni
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