Page 89 - Rassegna 3-2016
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DA’ISH TRA PROPAGANDA E GUERRA DI INFORMAZIONE.
UN’ANALISI DELLE STRATEGIE COMUNICATIVE DEI TERRORISMI NEL XXI SECOLO
Se dietro il terrorismo di Dā‘ish cova l’odio estremo nutrito verso eresia
ed empietà, esso è soprattutto volontà di scatenare asimmetricamente, senza
confini, tregue o compromessi, una lotta radicalizzata contro il nemico vicino e
lontano dalla quale far uscire un solo vincitore; proprio su tali basi, anche il
martirio - che si sostanzia nel combattere fino alla morte coloro che tradiscono
il messaggio di Allah - costituisce al tempo stesso una significativa modalità di
re-azione ed una micidiale forma di comunicazione.
Contrariamente a quello cristiano, non violento e difensivo, il martirio del
jihad è infatti di tipo offensivo e realizza una testimonianza di lotta ed una affer-
mazione di identità valorizzata dalle strategie comunicative adottate dal
Califfato(102), come anticipato nel precedente paragrafo II.1.
Tuttavia questo bisogno individuale di combattere un nemico sociale e
statuale che ha tradito le aspettative per ri-affermare, seppure in estremis, la pro-
pria calpestata identità è del tutto speculare rispetto all’analogo bisogno di
Dā‘ish di continuare a colpire assiduamente i nemici per attestare la propria esi-
stenza e identità.
la sua sopravvivenza, sin dalle origini in Iraq, è ed è stata subordinata
all’esigenza di dimostrare di saper condurre e continuare a condurre un’offen-
siva a tutto campo, anche per vincere il confronto con i poteri locali con cui ha
da sempre dovuto fare i conti.
(102) - Dall’esame delle esperienze operative maturate, la soggettività tipica del martire oscillereb-
be, da un lato, tra l’essere affetto da disturbi della personalità ed una insuperabile difficoltà
di integrazione, che ne determinerebbero l’impulso ad insorgere contro la società: è il caso
soprattutto degli aspiranti giovani martiri cresciuti nelle banlieue francesi o nei suburbs londi-
nesi. Dall’altro, i processi di radicalizzazione e l’aspirazione al martirio hanno coinvolto
anche individui non necessariamente ingenui e non necessariamente esclusi dalla società,
appartenenti anzi alla classe media, spesso credenti dell’ultima ora, socialmente integrati.
entrano in gioco altre categorie possibili, più complesse, come quella dell’ “avatarismo terro-
ristico, un fenomeno che trova le sue radici non nella rigida istruzione fondamentalista, ma nella deriva nichi-
lista favorita dalla frustrazione del fallimento del sistema di welfare e nelle prospettive di realizzazione di
un futuro sempre più minacciato dalla disoccupazione, dall’innalzamento della soglia della povertà. Le dina-
miche di marginalizzazione ed auto-esclusione che contraddistinguono molti dei cittadini europei di seconda
e terza generazione che popolano i sobborghi delle metropoli, unitamente al ripiegamento compulsivo digitale
sui social media, sui videogiochi sempre più realistici di urban warfare, spesso alla ricerca di un qualcosa
che dia senso alla loro esistenza e che soprattutto li renda meno invisibili” cfr. Arije AnTInoRI, La
mediamorfosi del terrorismo jihadista tra iconoclastia e stato sociale, op. cit, 2015, pag. 16-17.
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