Page 85 - Rassegna 3-2016
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DA’ISH TRA PROPAGANDA E GUERRA DI INFORMAZIONE.
UN’ANALISI DELLE STRATEGIE COMUNICATIVE DEI TERRORISMI NEL XXI SECOLO

      I brani prodotti e diffusi nelle città conquistate diventano un inno tramite
il quale riconoscere indubitabilmente il marchio, nel quadro di una colossale
operazione di marketing diretta ad affermare il brand.

      Il modello strutturale ed artistico dei nasheed oscilla tra l’inno al martirio,
l’inno di lode, l’inno funebre e quello di battaglia cui appartiene proprio Dawat
al-Islam Qamat, considerato l’inno di Dā‘ish: un canto a cappella frammisto di
rumeurs de guerre - spade sguainate, spari, passi di marcia cadenzati - che è anche
però un inno al martirio(97).

      l’incoerenza più che evidente nelle scelte di Dā‘ish non è tuttavia da ricer-
carsi nell’apparentemente distonico coltivare, per un verso, la tradizione dei
canti arabi a cappella, per l’altro, la distruzione di strumenti, come quelli a per-
cussione, che evocano i rhithms ed i sounds del rock e del pop statunitensi, sim-
bolici di un certo stile di vita occidentale, antitetico e disprezzato. è invece
incoerente che per una delle principali figure della propaganda la scelta sia rica-
duta sul’ex rapper tedesco Deso Dogg, alias Abu Talha al-Almani, foreign fighter
ferito ripetutamente in Siria durante i combattimenti.

      Così come la scelta di accogliere il rap tra le musiche della propaganda è
evidentemente una scelta esclusivamente opportunistica, come del resto tutte le
scelte operate dal Califfato, ammantate di purismo teoretico posticcio e falsa
ortodossia religiosa: sin troppo chiaramente, il rap si rapporta con i canti a cap-
pella della cultura musicale araba esclusivamente per evitare di perdere morden-
te tra le giovani generazioni, così come accaduto ad al-Qaeda nella transizione
dal mondo analogico a quello digitale.

      oltre al noto Deso Dogg, di cui si parlerà nel successivo capitolo III.2.6.,
schiere di rappers alcolizzati, drogati, delinquenti abituali, al margine delle rispet-
tive società occidentali e disconosciuti dalle proprie famiglie hanno alimentato
le organizzazioni jihadiste e più recentemente Dā‘ish, alcuni di loro anche arruo-
landosi nelle milizie del Califfato per poi sottrarsi ad una disciplina evidente-
mente insopportabile.

(97) - Cfr. trad. di Bruno BAllARDInI, in ISIS il marketing dell’apocalisse, Ballardini & Castoldi,
       Milano, 2015 “Dio è il nostro Signore, concedigli il tuo sangue perché la vittoria non si otterrà se non
       attraverso il sangue dei martiri (…)” e “(…) coloro che donano e concedono se stessi sono i migliori tra
       noi”.

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