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IL TERRORISMO INTERNAZIONALE NELLA GIURISPRUDENZA
DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA
Nel 2001 la Confederazione elvetica aveva inserito il nominativo di Nada
in una black list (allegata alla cd. ‘ordinanza sui Talebani’) e gli aveva vietato il
transito e l’ingresso in Svizzera, impedendogli in tal modo di muoversi da
Campione, dove luomo d’affari risiedeva. Tale provvedimento restrittivo si col-
locava nell’ambito dello specifico contesto delle misure antiterrorismo che la
Svizzera, in quanto membro dell’ONU, era chiamata ad attuare in ottemperanza
alle diverse Risoluzioni (fra cui si annoverano, inter alia, la n. 1267/1999 e la n.
1333/2000) del Consiglio di Sicurezza. Nel corso degli anni il ricorrente aveva
adito più volte le Corti nazionali, chiedendo l’eliminazione del proprio nomina-
tivo dalla black list, ma senza ottenere alcun risultato.
Esaurite le vie di ricorso interno, Nada aveva proposto ricorso alla Corte
EDU, lamentando la violazione degli artt. 5, 8 e 13 CEDU, sostenendo tra l’al-
tro che il divieto di entrare/transitare per la Svizzera violasse il proprio diritto
al rispetto della vita privata - inclusa quella professionale - e familiare; lamen-
tando, inoltre, di non essere stato messo in condizione di ricorrere a rimedi giu-
risdizionali effettivi e, altresì, di essere stato privato, da parte delle autorità sviz-
zere - che non avevano effettuato alcun controllo sulla legittimità di tali misure
restrittive - della propria libertà personale.
Con la sentenza citata, quanto all’art. 8 Cedu, la Corte EDU, invocando il
generale principio di non ingerenza dello Stato nel diritto di ogni persona al
rispetto della propria vita familiare e privata - ove un simile intervento non si
renda strettamente necessario ai fini della sicurezza nazionale - riteneva che
restrizioni imposte alla libertà di circolazione del ricorrente per un così consi-
derevole lasso di tempo non realizzassero un giusto equilibrio tra il diritto alla
protezione della sua vita privata e familiare ed il legittimo scopo di prevenzione
dei crimini e della salvaguardia della sicurezza nazionale della Svizzera.
Ne derivava, pertanto, che l’interferenza nel suo diritto al rispetto della
propria vita privata e familiare non è proporzionata e doveva, pertanto, ritenersi
‘non necessaria’ in una società democratica.
A ben guardare, i giudici di Strasburgo sollevano una duplice censura nei
confronti dello Stato convenuto: da un canto, rilevano che la Svizzera non
abbia tenuto in considerazione le specificità del caso concreto, quali la situazione
geografica isolata di Campione d’Italia (enclave italiana in territorio svizzero),
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