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OSSERVATORIO DI DIRITTO INTERNAZIONALE E DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA

      L’eventuale cancellazione dalla “black list”, così come la concessione di
alcune deroghe per motivi umanitari, rimanevano - e, pur con alcune innova-
zioni, rimangono oggi, quantomeno con riguardo alla “lista madre”, ossia quel-
la adottata a livello delle Nazioni Unite e vincolante, dal punto di vista del dirit-
to internazionale, tutti i Paesi aderenti all’ONU - di esclusiva competenza del
Comitato per le sanzioni, al di fuori di qualsiasi procedura giurisdizionale e in
perdurante assenza di poteri decisori in capo ad organi terzi ed imparziali.

      L’usuale ricorso al termine “sanzioni” è confermato anche dal nome uffi-
cialmente attribuito al relativo Comitato nelle diverse lingue: «Comité des san-
ctions», «Sanktionsausschuss», «Comité de Sanciones», «Sanctions
Committee»).

      In tale contesto, Kadi e altri soggetti ed enti colpiti dalle misure avevano
adito il Tribunale allo scopo di ottenere l’annullamento dei relativi regolamenti
comunitari nelle parti che li riguardavano: sia perché adottati, a loro avviso,
senza una idonea base legale nei Trattati comunitari e, dunque, in assenza di
competenza; sia, soprattutto, perché lesivi di alcuni loro diritti fondamentali
rientranti tra quei “principi generali” (desunti principalmente dalle tradizioni
costituzionali comuni degli Stati membri e dalla Convenzione europea dei diritti
dell’uomo) che - anche prima dell’adozione della Carta dei diritti fondamentali
e della sua piena entrata in vigore con rango primario per effetto del Trattato
di Lisbona - dovevano essere garantiti a livello comunitario, secondo una con-
solidata giurisprudenza.

      Il Tribunale, con le sentenze del 21 settembre 2005, rigettava le richieste
dei ricorrenti, concludendo, da un lato, che «la Comunità europea è competente
a imporre il congelamento dei capitali di privati nell’ambito della lotta contro il
terrorismo internazionale»; e, dall’altro, che «purché siano richieste dal
Consiglio di sicurezza dell’ONU, tali misure sfuggono in gran parte al controllo
giurisdizionale».

      In particolare, il Tribunale affermava che il controllo sulla legittimità delle
misure avrebbe potuto essere svolto utilizzando come “parametro” soltanto le
norme di diritto internazionale generale rientranti nel cosiddetto ius cogens.
Sulla base di tale presupposto, il Tribunale concludeva che le misure imposte
non risultavano lesive dei «diritti fondamentali della persona umana riconosciuti

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