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DOTTrINA
È stato osservato, sul punto, che la tutela dell’animale derivi da un ricono-
scimento di carattere antropogenico, il quale peraltro non si traduce necessaria-
mente in una tutela antropocentrica e le nuove istanze sociali possono ben porsi
a fondamento della scelta di criminalizzazione. Infatti, questa elevazione del valo-
re - animale a bene giuridico si affiancherebbe ad altre istanze di tutela già presenti
nell’ordinamento, basti pensar, a titolo esemplificativo, al paesaggio e al patrimo-
nio storico-artistico nonché, recentemente, all’ambiente, alla biodiversità e agli
ecosistemi, tutelati quali autonomi beni giuridici in Italia e in altri Paesi, in ragio-
ne del valore che essi rivestono per l’uomo-tutelante.
Si tratterebbe di una tutela diretta, che non presuppone affatto la sussisten-
za di diritti in capo agli animali e che non è filtrata dall’uomo (o dal suo “senti-
mento”), se non nella misura in cui si voglia ribadire, in maniera peraltro ovvia,
che è l’uomo- tutelante a formulare il giudizio che si pone alla base dell’attribu-
zione di valore” .
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Non va taciuto che nel sistema attuale gli animali vengono dalla giurispru-
denza di legittimità ancora considerati “cose mobili”, oggetto di diritti reali e di
rapporti negoziali, non certo, invece, soggetti di diritti, in quanto privi della capa-
cità giuridica.
La comune espressione “diritti degli animali” è dunque intesa dalla
Cassazione civile in senso atecnico, riferendosi non già alla inconfigurabile
titolarità di diritti soggettivi da parte degli animali, ma al complesso della tute-
la giuridica che il diritto pubblico appresta in difesa di quegli esseri viventi .
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Analogamente, per la Cassazione penale, gli animali d’affezione o da compa-
gnia rientrano tra le cose mobili suscettibili di costituire oggetto di furto ma
non mancano pronunce, le quali hanno affermato che, in ispecie per effetto
della l. 22 novembre 1993, n. 473, definita un “passaggio storico”, è accaduto
che “l’animale di affezione non è più un mero oggetto nel nostro ordinamento,
ma un soggetto, capace di emozioni proprie e, soprattutto, in grado di svilup-
pare forti legami di affetto con il padrone e con la famiglia che lo accoglie” .
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Infine, va anche ricordato che tale prospettiva “non antropocentrica”, tra
l’altro, è pure confermata dalla legge Cost. n. 1/2022 che ha modificato l’art. 9
28 Fabio Fasani, l’animale come bene giuridico, in riv. Italiana di diritto e procedura penale, 2017,
pp. 744 e ss., Giuffrè Editore.
29 Così Cass. 25 settembre 2018, n. 22728, fra l’altro in Danno e resp., 2019, 70: la quale conclude
che alla vendita di animali si applica il codice del consumo di cui al d.lgs. n. 206 del 2005, essendo
superato l’inquadramento nella disposizione codicistica dell’art. 1496 c.c. sulla “vendita di anima-
li”.
30 Cass. pen., sez. IV, 31 gennaio 2017, n. 18167.
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