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                  in quest’ottica sono stati diramati specifici atti di indirizzo da parte
             dell’Autorità Nazionale di Pubblica Sicurezza al fine di promuovere un’articolata
             strategia di prevenzione e contrasto alle condotte illegali riscontrabili in determinate
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             aree cittadine, le cosiddette “zone rosse” , sovente connotate da condizioni di degrado
             urbanistico e sociale, unite a forme di marginalità. Si tratta per lo più di stazioni ferro-
             viarie, zone di movida notturna, zone commerciali e turistiche nelle quali vi è un
             intenso flusso e concentramento di persone che rappresentano un humus fertile per
             l’attività criminale. La gestione di queste aree richiede attenzione e impegno costante
             da parte delle autorità competenti e, in questo singolare scenario, il ruolo del Prefetto,
             quale massima autorità provinciale di pubblica sicurezza, assume un’importanza
             oltremodo strategica. Difatti, è in contesti di questo tipo che è già stato sperimentato
             con successo il ricorso a provvedimenti prefettizi che vietano l’indebita permanenza a
             soggetti responsabili di atti illeciti, disponendone l’allontanamento sul presupposto
             di un concreto e attuale pericolo per quell’“ordinato vivere civile” che rappresenta il
             fisiologico obiettivo di uno Stato di diritto, libero e democratico .
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                  L’introduzione nel nostro ordinamento della locuzione “ordine e sicurezza
             pubblica” si ebbe con l’art. 2 del  Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza
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             (TULPS) del 1926, poi riportato nella versione tuttora vigente del 1931 , in forza del
             quale “il prefetto, nel caso di urgenza o per grave necessità pubblica, ha facoltà di adot-
             tare i provvedimenti indispensabili per la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica”.
                  L’articolo de quo conferisce dunque al Prefetto poteri straordinari con i
             quali tutelare l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini, da collocarsi nondime-
             no in una più ampia cornice organica delle misure attraverso le quali, i diversi
             livelli di governo, sono chiamati a cooperare per innalzare i livelli di sicurezza.


             1 Tale locuzione, oltre al caso di specie, indica genericamente un luogo ad alto rischio ambientale,
               sociale o d’altro genere al quale è interdetto l’accesso. L’etimologia andrebbe ricercata nella Zone
               rouge, la catena di aree a nord-est della Francia, che il governo francese, al termine del primo con-
               flitto mondiale, decise di isolare impedendone il transito e la permanenza in ragione del fatto che
               fossero territori completamente devastati e contaminati dalle armi utilizzate. in seguito, fu anche
               utilizzata per indicare la zona di allerta appositamente perimetrata nella città di Genova, durante
               lo svolgimento del vertice del G8 nel luglio 2001. Certamente l’espressione è divenuta ancor più
               nota durante l’emergenza epidemiologica seguita alla diffusione del Covid-19 dacché, nel tentati-
               vo di contenere o quantomeno limitare il contagio, furono designate numerose zone rosse inte-
               ressate da provvedimenti restrittivi.
             2  Corte Costituzionale, sentenza n. 2 del 1956, ancorché in relazione a controversie in merito al
               rimpatrio dello straniero, si riferisce genericamente a tutte le limitazioni poste a tutela della sicu-
               rezza intesa come “[…] situazione nella quale sia assicurato ai cittadini, per quanto è possibile, il
               pacifico esercizio di quei diritti di libertà che la Costituzione garantisce con tanta forza. Sicurezza
               si ha quando il cittadino può svolgere la propria lecita attività senza essere minacciato da offese alla
               propria personalità fisica e morale […]”.
             3  regio Decreto 6 novembre 1926, n. 1848 approvato con regio Decreto il 18 giugno 1931, n. 773.

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