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ITALIA 1943-1945: SI SFASCIÒ LO STATO, NON MORÌ LA PATRIA




                     Anche il fascismo repubblicano giustificò la sua esistenza con l’esigenza
               di riscattare l’onore militare e la dignità nazionale. La Repubblica sociale tentò
               di  proporre  l’immagine  di  un  fascismo  rigenerato  e  purificato  dalla  disfatta,
               risorto unicamente come milizia al servizio della patria, pronto ad accogliere
               tutti gli italiani, anche i non fascisti, decisi a combattere per la patria. Gridiamolo
               forte che non è per la salvezza del fascismo che dobbiamo ancora combattere, ma per la sal-
               vezza della Patria [...] riprendere le armi a fianco dell’Alleato tradito per l’onore, per la sal-
               vezza d’Italia. Per molti aderenti alla Repubblica di Mussolini, in effetti, il motivo
               principale della scelta non fu l’ideologia fascista ma l’onore della patria, l’esigen-
               za di riscattare la nazione dalla vergogna della disfatta e del «tradimento», il
               dovere di testimoniare, nella certezza della sconfitta, una fede genuina nella
               «religione della patria» sacrificando per essa anche la vita. «Vogliamo una cosa
               sola: il bene della Patria!», affermava «Il Campano», lanciando un appello ai gio-
               vani: «Non ci interessa il loro colore o la loro tendenza politica perché l’impor-
               tante è che vengano» .
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                    Espressione significativa di patriottismo spontaneo, non ideologico, anche
               se innestato sull’educazione fascista ricevuta negli anni del regime, fu il fenome-
               no, per certi aspetti straordinario, della militanza femminile nella Repubblica
               sociale. Si trattò per alcuni aspetti di una rinnovata passione «politica» delle
               donne fasciste, ma per la maggior parte delle militanti il fattore patriottico pre-
               valeva nettamente rispetto al fattore ideologico, che era talvolta esplicitamente
               respinto .
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                    Morire per la patria, più che immolarsi per il fascismo, è la invocazione che
               echeggia dalle lettere di caduti della RSI, specialmente dei giovanissimi: «io non
               sono nato per vedere morire la Patria senza tentare di salvarla, solo perché non
               so come tentare [...] io vedo la tempesta, mi stringo nella mia volontà e l’affron-
               to. E poi ho già stabilito da tempo dove sia il bene della Patria», scriveva un gio-
               vane fascista prima di morire .
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                    Per molti di essi, educati a identificare la patria con il fascismo e il fasci-
               smo con la patria, una distinzione era tuttora impossibile. Nel patriottismo della
               RSI permaneva l’adesione fideistica ai miti fascisti di potenza, il culto religioso
               della patria che assorbe in sé ogni altra idealità, il mito della Grande Italia a cui
               dedicarsi interamente, anima e corpo. I giovanissimi patrioti di Salò, come un
               caduto diciassettenne milite della X MAS, inneggiavano ad una «Italia risorta» che


               15   Vita nuova, in Il Campano, 10 novembre 1943.
               16   Maria Fraddosio, “Per l’onore della Patria”. Le origini ideologiche della militanza femminile nella RSI,
                    in Storia contemporeane, dicembre 1993, pp. 1155 ss.
               17   Lettere di caduti della Repubblica sociale, Milano, Associazione nazionale famiglie di caduti, 1960, p.
                    193.

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