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DOTTRINA
4.1. Intervista Cognitiva
Con il termine “intervista cognitiva”, in realtà, non ci si riferisce unicamente
ad una tecnica, ma ad un insieme di procedure finalizzate a raccogliere informazioni.
Il termine, difatti, è composto da due parole “intervista” e “cognitiva”: con il primo
si intende un colloquio mirato a conoscere opinioni, atteggiamenti, percezioni ed
esperienze, mentre il secondo fa riferimento ad un paradigma teorico (cognitivismo)
composto da un ampio corpo di leggi scientifiche che, in analogia alla metafora
uomo-computer, spiegano il funzionamento della memoria, percezione, apprendi-
mento, concentrazione, linguistica, insomma, il modo in cui funziona il nostro cer-
vello e, da questi, per ciò che è portato avanti in questa sede, il modo in cui l’inter-
vista possa sortire le migliori performance possibili (Memon & Higham, 1999).
In sede di interrogatorio (come pure di acquisizione informazioni o s.i.t.), l’in-
tervista è un rapporto a due, da una parte l’interrogante e dall’altra l’interrogato, per-
tanto è essenziale porre le domande in maniera tale da far capire che l’interrogato è
parte integrante, ha un ruolo attivo nel processo e non uno di mero esecutore di
ordini. Questo primo dato scientifico (Milne & Bull, 2003) è fondamentale, tra l’al-
tro neppure scontato, in quanto il recupero del ricordo è facilitato quando l’investi-
gatore rapporta le sue domande allo stile di comunicazione dell’interrogato. Quello
che sovente si evince dalla pratica è uno stile aulico, nutrito di termini tecnici di cui
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l’interrogante (a volte anche straniero) non comprende, minimamente, il senso .
Gli aspetti legati alla memoria ed alla cognizione, sono sequenziate dalle
indicazioni rese dall’investigatore, tese a riferire ogni dettaglio, seppure parziale e
di ripercorrere mentalmente, il ricordo che viene verbalizzato. Come suggerito da
alcuni autori la qualità e quantità degli elementi di un ricordo è facilitata quando
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contesto di codifica e contesto di recupero coincidono, pertanto, sicché impossi-
bile ricondurre l’intervistato sui luoghi del fatto storico di riferimento, si dovrebbe
chiedergli di ripercorrere mentalmente (immaginando come se fosse in quel
luogo) gli aspetti legati all’ambiente e le sensazioni esperite Fisher et al, 2001).
Nel racconto di un evento, ognuno racconta la versione dal proprio punto
di vista, cioè, da quello che ha egli stesso visto, udito, toccato e via dicendo, nella
pratica, a nessuno verrebbe in mente di chiedere all’intervistato di raccontare un
13 Sebbene sia un requisito fondamentale quello dell’intellegibilità delle dichiarazioni rese, il
“tèchne” citato prima, ricorda l’utilizzo di una “architettura linguistica” capace “fotografare”
non solo l’evento storico di riferimento ma assurgere ad un ulteriore livello: il linguaggio uti-
lizzato dal testimone potrebbe rivelare qualche altro dato, ad es. un modo di dire o di fare
che è tipico di alcune subculture o identificativo di organizzazioni con finalità illegali. Quello
che dovrebbe essere impedito (e che non raramente si verifica) è la granitica convinzione del-
l’investigatore, di mostrare il proprio documento in forma stilizzata e asettica delle reali con-
tingenze linguistico verbali proprie del dichiarante.
14 Si veda il concetto di specificità di codifica sopra descritto.
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