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INSERTO




             elementi comuni e costanti, rischiando così di far scivolare il criterio di valuta-
             zione poggiato su elementi oggettivi, ma analizzati in concreto, in una dimen-
             sione prettamente soggettiva.
                  Il paradigma a cui il codice del consumo sembra essersi ispirato per la
             tutela diversificata per il consumatore medio e per quello particolarmente vul-
             nerabile può essere rintracciato in quello delineato dall’art. 1435 c.c. in tema di
             violenza morale, laddove il legislatore lega la valutazione sull’oggettiva inciden-
             za  della  forza  coercitiva  del  comportamento  di  un  contraente  nei  confronti
             della  volontà  dell’altro  in  ragione  dell’età,  del  sesso  e  della  condizione  delle
             parti. I criteri di valutazione della particolare vulnerabilità di una condotta “vio-
             lenta” secondo il diritto comune possono essere utilizzati nell’analisi dell’ag-
             gressività di una pratica commerciale giacché tra gli elementi caratterizzanti la
             fattispecie vi è la “coercizione” e soprattutto perché le due discipline hanno una
             ratio comune: tutelare la libertà del soggetto consentendogli di assumere una
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             decisione commerciale scevra da condizionamenti esterni .
                  Ad ogni modo, l’art. 20, comma 3, cod. cons. sancisce il divieto di pratiche
             commerciali che, pur raggiungendo gruppi più ampi di consumatori, sono ido-
             nee a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico solo di un
             gruppo di consumatori chiaramente individuabile, particolarmente vulnerabili
             in ragione della loro “infermità mentale” o “fisica”, della loro “età” o “ingenui-
             tà”.
                  La disciplina di protezione dei consumatori particolarmente vulnerabili
             appare più ampia di quella previgente in materia di pubblicità ingannevole e ciò
             è giustificato anche dal fatto che ormai l’evoluzione tecnologica rende sempre
             più agevole il contatto tra soggetti più vulnerabili e professionisti senza adegua-
             to controllo. Si pensi, ad esempio, alle pratiche commerciali che veicolano tra-
             mite internet o social network laddove il professionista (e tali sono anche gli influen-
             cer in quanto pubblicizzano prodotti che utilizzano/indossano o fruiscono di
             servizi pubblicizzandoli sui propri profili social al fine di trarne profitto) non ha
             neppure il contatto diretto con il consumatore. In questo caso, perché la pratica
             commerciale possa considerarsi corretta, il professionista deve adottare “parti-
             colari” accorgimenti in ragione della condizione dei consumatori cui si rivolge .
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                  Secondo il considerando n. 19 della dir. 05/29, qualora solo il comportamen-
             to  economico  di  una  classe  di  consumatori  particolarmente  vulnerabile  in

             15   Zorzi Galgano, Il contratto di consumo e la libertà del consumatore, cit., 30. I punti di contatto tra
                  le due discipline si arrestano agli elementi sopra esposti. Esse hanno riguardo, infatti, ad
                  aspetti diversi del rapporto poiché la violenza morale si riferisce all’atto mentre le pratiche
                  aggressive all’attività.
             16   PS/32, Provv. 18951, in Boll., 37/2008, e PS/457, Provv. 18779, in Boll., 32/2008.

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