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L’AUTORITÀ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO NELLA TUTELA DEI MINORI




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                    La prospettiva si sposta, dunque, dall’atto negoziale all’attività  intesa come
               fenomeno tramite il quale gli operatori del mercato compiono le loro scelte com-
               merciali o, se si vuole, intesa come architrave dell’economia. Tramite il controllo
               dell’attività di chi offre beni e servizi agli altri operatori - e in special modo al sog-
               getto economico più esposto, ossia il consumatore - l’ordinamento regola il cor-
               retto funzionamento del mercato in ottica concorrenziale, o meglio, detta una
               disciplina di strutturazione e di conseguente protezione del mercato interno .
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                    Con questo sistema, il legislatore nazionale, se da un lato si è preoccupato
               di dettare una norma di carattere generale e di enucleare analiticamente tutti i
               presupposti del carattere scorretto della pratica, dall’altro lato, quasi smentendo
               la portata della norma definitoria elastica a favore dell’approccio analitico, si
               dilunga tipizzando in maniera assai precisa comportamenti qualificati come pra-
               tiche commerciali scorrette, declinate in pratiche ingannevoli (artt. 21-23 cod.
               cons.) e pratiche aggressive (artt. 24-26 cod. cons.). Tale declinazione, infine, è
               assistita da una norma di carattere generale (l’art. 20 cod. cons.) secondo uno
               schema ormai consolidato anche tramite l’interpretazione ad opera della giuri-
               sprudenza amministrativa .
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               2.  Il minore come consumatore particolarmente vulnerabile
                    La valutazione della scorrettezza di una pratica commerciale si basa sulla
               sua  attitudine  distorsiva  della  capacità  decisionale  del  “consumatore  medio”
               5    Rossi Carleo, Consumatore, consumatore medio, investitore e cliente, cit., 699 s.
               6    Per C. Granelli, “Le pratiche commerciali scorrette” tra imprese e consumatori: l’attuazione della direttiva
                    2005/29/CE modifica il codice del consumo, in Obbligazioni e contratti, 2007, 777, «il nostro legisla-
                    tore si è mosso nell’ottica di predisporre “sanzioni” e “mezzi” volti alla tutela (non già del sin-
                    golo consumatore concretamente vittima di una “pratica commerciale scorretta”, bensì) solo
                    del mercato e, con esso, dei consumatori collettivamente considerati, nonché, indirettamente,
                    anche dei concorrenti “corretti” che su detto mercato operano». In altre parole, dalla man-
                    canza di un’indicazione precisa del rimedio individuale alle pratiche commerciali scorrette e
                    dalla disciplina dei soli rimedi amministrativi e inibitori si desume che l’interesse tutelato dal
                    legislatore europeo è quello del corretto funzionamento del mercato interno. Per L. Di Nella,
                    La tutela dei consumatori, in L. Di Nella, L. Mezzasoma, V. Rizzo (a cura di), Il diritto della distri-
                    buzione commerciale, Napoli, 2008, 141, identifica lo scopo della disciplina delle pratiche com-
                    merciali scorrette nella «protezione diretta del consumatore e indiretta della concorrenza».
               7    Sul rapporto tra l’art. 20 e gli artt. 21 e 24 cod. cons. cfr. Cons. Stato, sez. VI, 17 maggio
                    2024, n. 4422, secondo cui «l’espressione “pratiche commerciali scorrette” designa le con-
                    dotte che formano oggetto del divieto generale sancito dall’art. 20 del Codice del Consumo.
                    […] Nella trama normativa, la definizione generale si scompone, poi, in due diverse categorie
                    di pratiche scorrette: le pratiche ingannevoli (di cui agli art. 21 e 22) e le pratiche aggressive
                    (di cui agli art. 24 e 25). Il legislatore ha, inoltre, analiticamente individuato una serie di spe-
                    cifiche tipologie di pratiche commerciali (le cosiddette “liste nere”) da considerarsi sicura-
                    mente ingannevoli e aggressive (art. 23 e26, cui si aggiungono le previsioni “speciali” di cui
                    ai commi 3 e 4 dell’art. 21 e all’art. 22-bis), in relazione alle quali non è necessario accertare
                    la loro contrarietà alla “diligenza professionale” nonché dalla sua concreta attitudine “a fal-
                    sare il comportamento economico del consumatore”».

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