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INSERTO




             secondo quanto previsto dagli artt. 20 e ss. cod. cons., e ciò postula una certa
             sicurezza sulla definizione di consumatore e sulla sua fisionomia.
                  L’art. 2, comma 1, lett. b), dir. 93/13 (e nel diritto interno, in via generale,
             l’art. 3, comma 1, lett. a), cod. cons.) definisce il consumatore come una qual-
             siasi persona fisica che agisce al di fuori dell’esercizio della sua attività impren-
             ditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta.
                  Ogni persona fisica è, dunque, un consumatore, salvo quando agisce come
             un professionista. Tale assunto rende evidente il fatto che non esiste una cate-
             goria socialmente ed economicamente definita di consumatori, ma l’individua-
             zione del consumatore, non potendosi basare su una concezione marcatamente
             soggettivistiva, deve basarsi su una valutazione oggettiva della singola fattispe-
             cie in cui l’indagine si focalizza sull’interesse in concreto perseguito dall’opera-
             tore economico tramite l’atto (di consumo) posto in essere .
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                  L’intera  disciplina  consumeristica  si  impernia,  dunque,  sul  concetto  di
             consumatore delineato dall’art. 3 cod. cons., ma la normativa europea sulle pra-
             tiche  commerciali  sleali  fa  riferimento  al  “consumatore  medio”  inteso  non
             come un soggetto ben individuato, ma come parametro o, meglio, come cate-
             goria  con  portata  normativa  che  prescrive  un  determinato  modello  umano
             ricettore delle pratiche commerciali.
                  È il considerando n. 18 della dir. 05/29 ad eleggere espressamente il consu-
             matore medio a parametro di valutazione della lealtà/slealtà di una pratica com-
             merciale,  intendendo  per  “consumatore  medio”  il  soggetto  «normalmente
             informato  e  ragionevolmente  attento  ed  avveduto,  tenendo  conto  di  fattori
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             sociali, culturali e linguistici, secondo l’interpretazione della Corte di giustizia» .
                  La nozione non è però statica, ma deve tenere conto di fattori sociali, cul-
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             turali e linguistici  e, pertanto, le autorità - amministrative e giudiziarie - devono
             esercitare la loro facoltà di giudizio nel valutare caso per caso se la nozione di
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             consumatore “medio” ricorra in una determinata situazione .
                  Una particolare disciplina è dettata per i consumatori particolarmente vulnerabili
             in ragione della loro età o di particolari condizioni fisiche, psichiche, sociali o
             culturali e tra essi rientrano senz’altro i minori, specie con riferimento ad “atti


             8    S.  Mazzamuto,  Le  dottrine  generali,  in  Trattato  del  diritto  privato,  dir.  da  S.  Mazzamuto,  I-II,
                  Torino, 2021, 217.
             9    Definizione resa per la prima volta da Corte di Giustizia 10 novembre 1982, C-261/81, in
                  Racc., 1983, I-3961, ma v. anche Corte di Giustizia 18 maggio 1993, C-126/91, in Racc.,
                  1993, I-2361; Corte di Giustizia 6 luglio 1995, C-470/93, in Racc., 1995, I-1923 e Corte di
                  Giustizia 16 luglio 1998, C-210/96, in Racc., 1998, I-4657.
             10   Cons. Stato, VI, 5 aprile 2024, n. 3175.
             11   Cons. Stato 3175/2024 cit.

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