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DOTTRINA
Tale condotta giuridico-operativa degli Uffici è stata più volte legittimata
dalla Corte di Cassazione (n. 2593/2011 e n. 5731/2012) la quale ha statuito
che dalla presenza di dipendenti non regolarmente assunti, e per i quali emerga
la corresponsione di una retribuzione non contabilizzata, deriva una presunzio-
ne di maggiore redditività dell’impresa, dovendosi tuttavia vedere puntualmente
illustrate dai verificatori le ragioni per cui eventuali allegazioni difensive di con-
troparte non siano state prese in considerazione.
La pronuncia n. 641/2018 consente l’accertamento induttivo allorquando,
pur in presenza di contabilità formalmente regolare, vi siano elementi desumi-
bili da altre verifiche che inducano a ritenere l’incompletezza, la falsità o l’ine-
sattezza degli elementi indicati in dichiarazione: il relativo onere incombe
sull’Amministrazione finanziaria, pur potendo essere assolto mediante la prova
presuntiva. Laddove la contabilità non esista, o presenti irregolarità così “gravi,
numerose e ripetute” da renderla inattendibile, si rende invece applicabile il
cosiddetto “metodo induttivo puro”, che consente la ricostruzione del reddito
d’impresa o di lavoro autonomo sulla base dei dati e delle notizie comunque
raccolti o venuti a conoscenza dell’ufficio impositore, con facoltà di prescindere
in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quan-
to esistenti e di avvalersi anche di presunzioni (dette “semplicissime”) prive dei
requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti, invece, dall’accertamento
analitico-induttivo.
Riveste un ruolo di estrema importanza la documentazione anche infor-
male che viene rilevata in sede ispettiva. Infatti, si può affermare che l’indivi-
duazione di lavoratori irregolari è desumibile anche dal rinvenimento di agende
o brogliacci indicanti le somme corrisposte ai lavoratori irregolari (Cass. n.
20675/2014). Ciò, conseguentemente, determina, dapprima, la ricostruzione
del “costo” per lavoro che non risulta contabilizzato; a seguito di tale quantifi-
cazione scatta la presunzione tributaria che correla a tale costo l’esistenza di
ricavi in “nero”. Inoltre, nel caso specifico, il sommerso è dimostrato dalle
firme sulle bolle di consegna da parte di personale non indicato nel libro matri-
cola. Infatti, dopo l’ispezione in azienda dalla quale erano emerse molte firme
di lavoratori irregolari, l’ufficio aveva emesso un accertamento del maggior red-
dito di impresa.
Recentemente la Cassazione con l’ordinanza 4662/2023 ha accolto il
ricorso dell’Agenzia delle entrate, in quanto ha ritenuto legittimo l’accertamen-
to induttivo puro operato dall’Agenzia delle entrate in presenza di lavoratori in
nero, di scritture contabili inattendibili e di una condotta antieconomica della
società per plurimi anni di imposta. Tali dati costituiscono significativi elementi
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