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DOTTRINA




                  La campagna elettorale rappresenta il principale momento di scambio tra
             pensieri partitici contrapposti, ideali antitetici: la naturale dialettica tra i candidati,
             del resto, impone il gioco tra le parti nella libertà di espressione di sé e dei valori
             di partito. In questa dialettica - naturalmente frenetica - si insinuano, spesso, per-
             sonaggi animati da desideri lontani dal bene della collettività e “ponendosi in
             vendita” si affidano ad altrettanti personaggi - procacciatori di voti - borderline.
                  Le patologie del voto, appunto, si realizzano attraverso forme di corruzio-
             ne elettorale - talvolta gestite direttamente da clan mafiosi “nella cabina di regia
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             dell’ente di riferimento”  - che collegano politica, imprenditoria e finanza.
                  Questo lavoro vuole, avvalendosi della pregevole opera del Procuratore
             della Repubblica dottor. Bruni, esperto nella lotta alla criminalità organizzata in
             Calabria, analizzare i reati di corruzione e il riverbero in ambito elettorale, anche
             fornendo un adeguato approfondimento alla particolare ipotesi dello scambio
             politico-mafioso, alla luce delle più recenti acquisizioni giurisprudenziali: artico-
             li 318, 319, 320 e 321 codice penale; art. 86 D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, per
             le elezioni amministrative e art. 96 D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, per le elezioni
             politiche; L. 13 ottobre 2010 n. 175 relativo alla propaganda elettorale dei sot-
             toposti a misure di prevenzione.
                  Corruzione codicistica: art 318, 319, 320.
                  La riforma del 2012, cosiddetta Legge Severino, grazie anche al lavoro inter-
             pretativo della suprema Corte di cassazione svolto negli anni, ha puntato dritto al
             cuore del problema: conferire rilevanza penale alle ipotesi, frequenti, di asservimen-
             to sistematico e abituale della funzione pubblica, includendo non solo la connes-
             sione tra la promessa/ricezione indebita e l’atto amministrativo, ma altresì la fun-
             zione pubblica generalmente intesa. Gli artt. 318 e 319 c.p. - rispettivamente cor-
             ruzione impropria e corruzione propria - puniscono il pubblico ufficiale che riceve
             o accetta la promessa di una utilità per l’esercizio delle proprie funzioni, art. 318
             c.p., o per omettere, ritardare un atto del proprio ufficio o realizzarne uno contrario
             ai doveri del proprio ufficio: rientranti nell’alveo dei reati propri contro la Pubblica
             Amministrazione, la corruzione codicistica tutela il buon andamento e l’imparzia-
             lità della P.A. e copre le condotte del pubblico ufficiale, incaricato di pubblico ser-
             vizio il quale, servendosi della propria funzione, realizza una pluralità di “atti, non
             preventivamente fissati o programmati, pur sempre appartenenti al genus previsto ”
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             per realizzare il pactum sceleris e favorire interessi estranei al bene della collettività.

             1    L’inquinamento elettorale. Il mercimonio del voto con riferimento ai reati contro la Pubblica amministrazione
                  e alle collusioni politico-mafiose. Aspetti Penalistici di Pierpaolo Bruni, G. Giappichelli Editore.
             2    Corte di Cassazione, sez. VI, 7 aprile 2006, n. 21943, cfr. Corte di Cassazione, sez. VI, 16
                  maggio 2012 n. 30058, Cass. Penale 11 gennaio 2013, n. 19189.

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