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LA GIUSTA RETRIBUZIONE NEL CONTESTO DELLA DISCIPLINA DEI CONTRATTI PUBBLICI




               “mondo del lavoro”, garantendo ad esse la legittimità di un ricorso ampio (se
               non indiscriminato) al principio della libera concorrenza (e non certo a quello
               che salvaguarda la dignità dei lavoratori), che costituisce l’interfaccia di quello
               della “libertà di scelta economica”.
                    Solo in alcuni casi - e sempre in presenza di una interpretazione “visiona-
               ria” della disciplina legislativa che ne garantisce la preponderanza solo in alcuni
               casi (attraverso le cosiddette “clausole sociali”) - si è affermata dalla giurispru-
               denza una tesi contraria, che ritiene ammissibile un divieto di ribasso dei costi
               della manodopera previsto dalla documentazione di gara .
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                    Sul contrasto che sussiste nel contesto del nostro ordinamento tra il divieto
               di ribasso sui costi della manodopera e la libertà d’impresa, in diverse occasioni
               la giurisprudenza amministrativista ha avuto tempo e modo di esprimersi.
                    Si può, infatti, fare richiamo alla decisione del TAR per il Lazio, sez. III,
               14 maggio 2022, n. 6039, che ha tenuto a precisare come il punto di equilibrio
               tra i due opposti valori, quello della tutela della concorrenza e della libertà d’im-
               presa, da un lato, e della tutela (della dignità) del lavoro, dall’altro, ruota intorno
               al rispetto dei minimi salariali fissati dalla legge.
                    Se, come avviene nella realtà di ogni giorno, la soluzione interpretativa pro-
               spettata è questa, essa si rivela del tutto insoddisfacente costituendo il cosiddetto minimo
               salariale, fissato attraverso l’interposizione della contrattazione collettiva che si rivela
               incapace di rispettare i tempi del rinnovo o si configura come un sostituto di quella
               indipendente, una soluzione inefficace a garantire la “giusta retribuzione” ai lavoratori.

               4.1 La posizione del Legislatore sui costi della manodopera ante Codice del 2016
                    Ai fini di una completa ricostruzione storica sul tema di costi della mano-
               dopera, appare utile rammentare come già il codice dei contratti pubblici pre-
               cedente al Codice del 2016 e, quindi il d.lgs. n. 163/2006 abbia previsto - ben-
                                                                            9
               ché per un limitato periodo di tempo - all’art. 81, comma 3-bis , recante Criteri
               per la scelta dell’offerta migliore quanto segue: l’offerta migliore deve essere determinata
               al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali
               definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali

               8    Sulla possibilità che il disciplinare di gara definisca come non suscettibile di ribasso il costo
                    della manodopera, v. Cons. Stato, sez. V, 21 settembre 2020, n. 5483. In senso analogo si veda
                    la sentenza di Cons. Stato, sez. V, 23 dicembre 2019, n. 8698.
               9    È con il D.L. n. 70/2011, denominato “Decreto Sviluppo” successivamente convertito nella
                    Legge n. 106/2011, che il Legislatore aveva previsto che tutti i bandi di gara che venivano
                    pubblicati dovevano considerare il costo della manodopera come “non soggetto a ribasso”.
                    Con tale Legge, nel testo del codice degli appalti n. 163/2006 veniva inserito l’art. 81, comma
                    3-bis in commento nonché soppressa la lett. g), comma 2, art. 87, d.lgs. n. 163/2006, che
                    nell’ambito delle giustificazioni delle offerte prevedeva quella relativa al costo del lavoro.

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