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DOTTRINA
economico ricorrente - allegare al bando, appunto, il richiamato modello. Un
modo di procedere che si potrebbe qualificare come contraddittorio e profonda-
mente ambiguo che il TAR non avrebbe rilevato orientandosi ad accogliere, come
valida, la clausola apposta ritenendola conforme a legge, fondandone la validità
su un indimostrato potere discrezionale di cui non possono considerarsi titolari
le stazioni appaltanti, anche perché - al contrario - si verrebbe a configurare in
maniera surrettizia l’esistenza di una “clausola sociale fantasma” in aggiunta a
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quelle previste dalla legge . Una interpretazione, quella del TAR, che, per alcuni
aspetti, sembrerebbe anticipare la disciplina rinvenibile nel Nuovo Codice.
Il giudizio che il Consiglio di Stato formula - alla luce della disciplina del
Codice del 2016 - si dimostra chiaramente orientato a demolire una siffatta
interpretazione.
A tal riguardo, si prospetta come decisiva la prima critica che viene mossa
alla sentenza di primo grado: la clausola della “lex specialis” che imponga il divieto di
ribasso dei costi di manodopera sarebbe in flagrante contrasto con l’art. 97, comma 6, del
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d.lgs. n. 50/2016… . E ciò in considerazione di un fatto, quello di voler il
Giudice di prime cure ritenere tamquam non esset una prescrizione normativa che,
invece, il Giudice di appello ritiene di dover definire una “norma cardine” del
sistema normativo regolante la disciplina degli appalti pubblici.
Essa, infatti, è tale da condizionare la valutazione delle offerte di compe-
tenza della Commissione di gara; valutazione che si fonda sull’analisi soprattut-
to (ma non solo) della voce “costo della manodopera”, soprattutto se la gara ha
ad oggetto un servizio reso da imprese ad alta intensità di risorse umane e
secondo le modalità proprie del criterio dell’aggiudicazione sul prezzo più
basso (ai sensi della normativa contenuta nel Codice del 2016).
3 Le “clausole sociali” sono da qualificare “strumenti di tutela “delle posizioni patrimoniali dei
lavoratori. In dottrina, si è pervenuti a una distinzione tra clausole sociali di “prima genera-
zione e clausole sociali di “seconda generazione”. Le prime sono state poste per determinare
standard di tutela, salariale e normativa, inderogabili; le seconde sono state poste per conser-
vare i livelli di occupazione, soprattutto nei passaggi da un appalto ad un altro. Sul punto, si
vedano G. Marchi, Appalti pubblici e clausole sociali di stabilità occupazionale, in Il lavoro nelle pub-
bliche amministrazioni, 2019, pp. 136 e ss.; L. Ratti, Le clausole di seconda generazione: un inventario,
in Riv. giur. lav., 2017, p. 489; S. Costantini, La finalizzazione sociale degli appalti pubblici. Le clausole
sociali fra tutela del lavoro e tutela della concorrenza, in W.p.C.S.d.L.E.E. “Massimo D’Antona” it,
2014, p. 196. Per una interpretazione eurounitaria, v., ex multis, Corte di Giustizia dell’Unione
Europea, 3 aprile 2008, C-346/06, Ruffert, in ADL, 2008, pp. 256 e ss.; più recentemente,
Corte di Giustizia dell’Unione Europea 18 settembre 2014, C-549/13.
4 L’art. 97, comma 6, d.lgs. n. 50/2016, così recita: Non sono ammesse giustificazioni in relazione a tratta-
menti salariali inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge… I CCNL, depositati presso
il CNEL, sono fonti, appunto, autorizzate dalla legge… Sul loro grado di aggiornamento (costi-
tuito dalla tempestività dei rinnovi contrattuali quando siano essi scaduti) e sulla loro reale capacità
di difendere la “giusta retribuzione”, si veda il Rapporto presentato dal Presidente di tale Autorità, pro-
fessore Renato Brunetta, al Parlamento, in data 12 ottobre 2023, p. 42, in www.cnel.it.
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