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STUDI MILITARI




                  Orbene, la lettura della scansione cronologica dei due fatti prospetta una
             sequenza quasi concomitante, la qual cosa non costituisce per gli storici una
             prova, e pur tuttavia, in un certo qual modo, potrebbe avvalorare la verosimile
             congettura - se il sospetto è l’anticamera della verità - che in effetti quell’evento
             stragista, di cui i Carabinieri e le altre Forze dell’ordine e dello Stato furono vit-
             time, fosse stato tra l’altro pure concepito come un obliquo segno di attacco
             all’Organismo parlamentare di indagine sul fenomeno mafioso, il quale stava
             effettivamente per iniziare per la prima volta i propri lavori. In questa ottica
             alquanto indiziaria, l’attentato dinamitardo rientrava assolutamente in una ope-
             razione a sé stante, la quale, però, per attenerci ai fatti, non fu rivendicata come
             tale. Esso, in ogni caso, accelerò la risposta dello Stato, tant’è che il sei luglio la
             Commissione entrò nella pienezza delle sue funzioni.
                  Avendo preso le indagini una certa piega che non teneva affatto conto che
             l’esplosione della ‘Giulietta’ a Ciaculli fosse un episodio terroristico per sé stan-
             te, fu del tutto trascurata, sia dalla stampa sia dagli inquirenti, l’importanza che
             poteva avere per l’intelligenza della specificità di quella operazione criminale
             l’acuto ‘Rapporto’ che la Tenenza di Palermo Suburbana, raccogliendo le molte
             informazioni che provenivano dalla Stazione dei Carabinieri di Roccella e dalle
             altre Stazioni suburbane, aveva prodotto nel marzo di quell’anno fotografando
             la connessione e la distribuzione delle cosche sull’intero territorio sia di quella
             zona suburbana sia delle altre.
                  Nei primi giorni successivi alla strage un giornale si limitò a ricordare che
             c’era stato un rapporto informativo del Capitano Ricciardi, Comandante della
             Compagnia interna della Legione di Palermo, aggiungendo che costui fu subito
             dopo trasferito a Bari. Per altro verso la stampa ignorò la relazione stilata tre
             mesi prima dal Tenente Malausa forse perché essa fungeva da relazione riserva-
             ta interna.
                  Mario Malausa, nato a Tripoli il 27 gennaio 1938 e di famiglia piemontese
             di Revello (provincia di Cuneo), dopo il trasferimento in Italia del padre, il dot-
             tore Natale Malausa, aveva compiuto gli studi medi a Saluzzo diplomandosi in
             ragioneria.  Era  un  giovane  serio  e  preparato  che,  dopo  avere  frequentato  il
             Quattordicesimo Corso dell’Accademia Militare di Modena dal 1956 al 1958,
             era stato ammesso alla Scuola di applicazione d’arma di Torino, conseguendo il
             grado di Tenente in s.p.e. per prendere servizio nell’Esercito come Ufficiale car-
             rista. Affascinato dalle tradizioni militari dell’Arma dei Carabinieri, nel 1961
             aveva vinto il concorso per entrare nei ranghi dell’Arma. Dopo un periodo di
             studio e di intensa preparazione ove si era brillantemente classificato, il 25 ago-
             sto del 1962 era giunto a Palermo ove fu assegnato al comando della Tenenza

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