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STUDI MILITARI
come un incidente che non aveva affatto lo scopo di colpire le forze dell’ordine
ed il medesimo ordine costituito, ma quello di intimidire altri bosses avversari.
Infatti, scriveva il primo luglio su “L’Unità” Giorgio Frasca Polara, “con il
passare delle ore appare sempre più dubbia la tesi che l’agguato sia stato effet-
tivamente organizzato per colpire le forze di polizia” .
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Fu senza dubbio più facile, nel corso delle indagini, mettere questo atten-
tato in connessione con l’esplosione di un’altra precedente autovettura
‘Giulietta’ avvenuta circa quattordici ore prima nella poco distante località di
Villabate dinanzi al garage del mafioso Di Peri, distruggendolo e provocando la
morte del guardiano e di un panificatore. Si consolidò pertanto una narrazione
della esplosione della ‘Giulietta’ di Ciaculli interpretandola piuttosto nel senso
di un completamento e rafforzamento dinamitardo di quell’atto intimidatorio
destinato a Di Peri, tant’è che il predetto giornalista riferiva che la “polizia ritie-
ne che l’altra ‘Giulietta’, quella appunto che ha seminato la morte ieri pomerig-
gio, sia stata abbandonata dagli stessi criminali che avevano organizzato l’atten-
tato a Villabate e che contavano di far saltare in aria davanti al quartiere generale
dei Di Peri non una ma due vetture cariche di tritolo” .
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Il filo dell’articolo dell’Unità si snodava poi nel racconto di una supposi-
zione che, in verità, non fu mai provata. “Abbandonata frettolosamente l’auto
in un fondo dei Ciaculli, i criminali si sarebbero subito resi conto del pericolo
permanente rappresentato dal terribile veicolo di morte, e avrebbero segnalato
alla polizia, con una telefonata anonima, che la ‘Giulietta’ imbottita di tritolo era
ferma all’interno di ‘Villa Sirena’, bloccata da una ruota in panne” .
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Per quanto possa sembrare assurdo ricorrere ad una spiegazione del gene-
re per dar conto di questo efferato avvenimento, si accreditava a quei delin-
quenti un residuo morale di cosciente umanità che non era affatto in essi credi-
bile. Come si può pensare, infatti, che allignasse nella loro coscienza la respon-
sabilità morale di non provocare più vittime quando, invece, avevano seminato
di numerosi morti i mesi e gli anni precedenti? Questa ricostruzione era priva
di logica e sviava quel preciso atto delittuoso dal più probabile obiettivo finaliz-
zato nel risultato di quella mattanza di corpi sbrindellati di militari, poliziotti e
carabinieri che stava lì orribilmente visibile.
I giornalisti d’inchiesta, come aveva preconizzato l’Arcivescovo, rivolsero
la loro attenzione sullo scambio di interessi intercorrenti fra le cosche mafiose
6 Giorgio Frasca Polara, Dietro l’orrenda strage di Ciaculli, la guerra dei mercati, “L’Unità”, martedì
2 luglio 1963, p. 3.
7 Ivi. Nella stessa pagina e dello stesso autore compariva un secondo articolo in due colonne
dal titolo Documentiamo le collusioni tra mafia e D.C.
8 Ivi.
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