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L’ECCIDIO DEI CARABINIERI NEL QUADRO DELL’ATTENTATO DI CIACULLI
LA FIGURA DEL TENENTE MARIO MALAUSA
relazione alle scelte di metodo adottate e a quelle di selezione degli elementi fat-
tuali ritenuti essenzialmente meritevoli sia di accertamento sia di essere elevati
a causa di spiegazione di un dato fenomeno criminoso che è passato in giudi-
cato. Perciò, senza denegare i diritti della verità giudiziaria, il giudizio storico
assume la verità processuale in quanto tale ma, sul piano della chiarificazione
ermeneutica dei fatti presi in considerazione, deve prudentemente evitare di cri-
stallizzarla come un incontestabile risultato di verità definitiva.
Nel caso della ricostruzione storica della strage di Ciaculli del 1963 è legit-
timo che l’interesse dello storico sia mosso da una esigenza di rivisitazione di
quanto accadde sessanta anni fa anche facendo leva sulla successiva letteratura
in materia, sulle posteriori esperienze delle indagini investigative, sull’evidenza
della ricorrenza nel tempo di un identico metodo di agire criminale, sulle rive-
lazioni dei cosiddetti pentiti, più o meno credibili, da sottoporre a loro volta a
verifiche accurate: fattori, questi, che messi tutti quanti insieme suggeriscono ai
nostri giorni la liceità di prendere in considerazione altre ipotesi di lavoro fina-
lizzate a spiegare gli apparenti ed i verosimili obiettivi di quell’eccidio; il quale,
in effetti, lascia intravedere che non scaturì con molta probabilità né da improv-
visazione né da una mera e fatale accidentalità di esecuzione.
Richiamando alla memoria un luogo del dire secondo cui la mafia predili-
ge di uccidere d’estate, l’inconscia percezione collettiva sembra ormai persuasa
che l’accaduto di Ciaculli si inserisca in una cadenza temporale in un certo qual
modo ricorrente nell’attuazione delle pratiche stragiste mafiose. Infatti, circa tre
decenni dopo a partire da quella data del 1963, Cosa Nostra imbratterà col san-
gue altre stagioni estive del secolo scorso assassinando tra Apra, Palermo e
Capaci alcune figure istituzionali di spicco dello Stato, quali furono i Magistrati
Falcone, Borsellino e Costa e i Commissari di Pubblica Sicurezza Cassarà e
Montaina, tutte quante personalità che particolarmente si erano segnalate per la
loro determinazione nel combatterla.
Tutto ciò probabilmente è accaduto per una singolare coincidenza - la
quale non è certo rilevante nel determinare qualcosa di significativo dal punto
di vista della intelligenza investigativa dei fatti di quel tempo - tuttavia lo si
vuole qui annotare cronachisticamente come un suggestivo elemento di conti-
nuità che lega in una valenza simbolica negativa il finis vitae del Tenente Malausa
e dei suoi Carabinieri ad un particolare periodo dell’anno nel quale forse, ed
erroneamente, gli autori degli omicidi di mafia hanno immaginato di cogliervi
una favorevole opportunità delittuosa nell’illusione di un supposto rilassamento
della tensione di contrasto delle Forze dell’ordine tale da abbassarne i livelli di
efficienza.
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