Page 154 - Rassegna 2024-1
P. 154
STUDI MILITARI
Pertanto, non è soltanto la celebrazione di un recente anniversario - pro-
mossa presso l’Università degli studi di Palermo dalla Legione Carabinieri ‘Sicilia’
per la lodevole sensibilità culturale dell’allora suo Comandante, Generale di
Divisione Rosario Castello - ciò che sollecita a ritornare ai fatti di Ciaculli del 30
giugno del 1963 ma è anche, e altrettanto, l’intento di rivisitarne la cronaca ele-
vandola in un contesto storiografico che consenta di poter cogliere l’assai cru-
ciale sforzo compiuto dalle Istituzioni, e il prezzo che non solo l’Arma ha pagato
in termini di vite umane, per la tenuta della legalità e il contrasto alla mafia.
I fatti di Ciaculli vanno perciò contestualizzati nella cornice di una fase
storica siciliana caratterizzata da accelerate dinamiche di mutazioni di interessi
economici, che implicano altrettanto accelerate mutazioni di interessi illeciti e
malavitosi parallele alla metamorfosi dello stigma mafioso. I fatti di Ciaculli
sono opera, appunto, di una mafia in parte sociologicamente arcaica, in quanto
allocata ancora in territori rurali ed ancora strutturata in dimensioni di mentalità
di gestione patriarcale, in parte invece pronta nel proiettarsi a mettere, per così
dire, le mani sulla città monopolizzando i profitti dell’espansione edilizia urba-
na. Tutto ciò non era sfuggito all’analisi del giovane piemontese Mario Malausa,
Tenente dell’Arma dei Carabinieri nominato da poco tempo in servizio a
Palermo, ma figura certamente non di secondo piano per i compiti che gli erano
stati assegnati all’interno dell’apparato investigativo del Comando Provinciale.
La rivisitazione dei tragici eventi di Ciaculli si inquadra pure nel riconosci-
mento dei valori di merito dei Caduti e nella gratitudine etico-civile della collet-
tività della nazione verso di loro. Questa ricostruzione storica è perciò sorretta
dal senso del dovere morale e civile di fissare la nostra pensosa, grata e riverente
attenzione di oggi sul sacrificio di quel gruppo di Servitori dello Stato i quali,
nonostante l’impegno profuso nelle immediate e non facili indagini, non ebbero
il riconoscimento di una piena giustizia, dal momento che nel processo penale
non fu configurato un movente specificamente finalizzato all’obiettivo del loro
assassinio e neppure si pervenne a delle inconfutabili prove sugli esecutori del-
l’eccidio, quantunque invero lo si attribuisse a due criminali che rispondevano
al nome di Buscetta e di Cavataio. Il Tenente Malausa, i Carabinieri, i Militari
dell’Esercito e gli appartenenti alle altre Forze dell’ordine, secondo le risultanze
giudiziarie a nostro parere piuttosto riduttive, furono dunque le impreviste vit-
time di una faida fra cosche mafiose di borgata!
Ciò non deve meravigliare perché infatti la verità processuale è una delle
diverse sfaccettature della verità, ma per il lavoro della storiografia essa costitui-
sce una tra le fonti della conoscenza storica non solo da mettere a confronto con
le altre fonti alle quali attinge lo storico di professione, ma anche da valutare in
152