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L’ECCIDIO DEI CARABINIERI NEL QUADRO DELL’ATTENTATO DI CIACULLI
                                   LA FIGURA DEL TENENTE MARIO MALAUSA




                    Questa presa di posizione di allora fu, alla luce della maturazione delle
               coscienze di oggi, una occasione sprecata da parte delle gerarchie della Chiesa
               locale per stigmatizzare la sinistra violenza degli uomini di mafia. Invece la prin-
               cipale, ma anche lodevole, preoccupazione pastorale del Cardinale Ruffini fu
               quella di preservare l’immagine dei palermitani onesti dalla ingenerosa e gratui-
               ta accusa di essere tutti conniventi con la mafia. Va detto, infatti, che il succes-
               sore, Cardinale Pappalardo, ebbe a ricordare che allora la Chiesa Siciliana, di cui
               il Cardinale Ruffini era il Primate, fin dal Sinodo regionale del 1952 aveva com-
               minato  la  scomunica  agli  esecutori  e  ai  mandanti  di  delitti  di  sangue  anche
               implicitamente ascrivibili al costume mafioso. In buona sostanza il Cardinale
               Ruffini respingeva l’equazione ‘siciliani uguali a mafiosi’ ed esprimeva il proprio
               sdegno dinanzi all’accusa che la mafia fosse ossequiosa verso il clero e conni-
               vente con le tradizioni popolari cristiane siciliane. Questa sua presa di posizione
               a difesa dell’onorabilità dei veri fedeli gli fu per altro riconosciuta meritoria da
               parte della Segreteria di Stato vaticana con una lettera del 16 aprile 1964 di S.
               Eminenza il Cardinale Amleto Cicognani .
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                    La stampa cittadina, all’unisono e nell’immediatezza del fatto, stigmatizzò
               la ferocia di quell’eccidio come una guerra fra cosche mafiose e perciò da leg-
               gere come un regolamento dei conti per così dire ‘intramurario’ tra gruppi e
               fazioni di delinquenti organizzati di stampo mafioso ai fini della spartizione
               del controllo di un territorio e degli affari illeciti da realizzare in esso. Infatti i
               giornali del tempo se obiettivamente non esitarono ad accusare la mafia, è pur
               vero che non avevano ancora una chiara cognizione che la mafia non era una
               mera rete di cosche ma -come sappiamo oggi - era al contrario una struttura
               che  agiva  da  antistato,  motivo  per  il  quale  classificarono  l’esplosione  della
               ‘Giulietta’ dell’Alfa Romeo con la morte del Tenente Malausa e dei militari
                    a Palermo l’11 giugno 1967, fece il suo ingresso a Palermo il 31 marzo 1946 in una città
                    distrutta dai bombardamenti aerei anglo-americani. Fu un Presule di grande cultura teologica
                    e di altrettanto grande afflato sociale. Tra le sue opere sociali si ricordano i Centri di assisten-
                    za familiare, gli ambulatori per gli ammalati poveri, la promozione della costruzione in zona
                    Pallavicino di un villaggio per i senza tetto che prenderà in suo onore il nome di ‘Villaggio
                    Ruffini’, la costituzione della Scuola per Assistenti Sociali ‘Santa Silvia’. L’Arcivescovo preferì
                    inviare il 7 luglio, seguendo una via istituzionale, due telegrammi di condoglianze al Prefetto
                    di Palermo e al Generale Comandante della VI Brigata Carabinieri, entrambi pubblicati nel
                    bollettino ‘Voce Cattolica’ del 7 luglio 1963.
               5    Può essere utile leggere Francesco Maria Stabile, La strage che impose il tema mafia, in La
                    scossa di Ciaculli, numero speciale della Rivista A Sud d’Europa, settimanale edito dal Centro
                    Studi e Iniziative culturali ‘Pio Latorre’, a. 7, n. 26, Palermo Luglio 2013, pp. 2-4. Assai chia-
                    rificatrice, a proposito, la Lettera pastorale scritta dall’Arcivescovo nel 1964: Il vero volto
                    della Sicilia. Presso l’Archivio Storico dell’Arcidiocesi di Palermo è custodito l’intero carteg-
                    gio intercorso fra la Segreteria di Stato Vaticana e il Cardinale Ernesto Ruffini che consente,
                    appunto, una più obbiettiva ricostruzione della posizione della Chiesa italiana e di quella
                    palermitana.

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