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L’ECCIDIO DEI CARABINIERI NEL QUADRO DELL’ATTENTATO DI CIACULLI
                                   LA FIGURA DEL TENENTE MARIO MALAUSA




               di Palermo Suburbana da cui dipendeva anche la casermetta della borgata rurale
               di Roccella. Durante la sua presenza nel capoluogo dell’Isola, egli aveva matu-
               rato una grossa esperienza professionale perché la città nei primi sei mesi del
               1963 era stata terrorizzata da una catena di delitti: 21 morti assassinati, 8 feriti,
               4 scomparsi e 4 attentati dinamitardi.
                    Questo solerte Ufficiale aveva avuto modo di dimostrare di sapere inda-
               gare, ed in effetti sapeva indagare con precisione e con intelligenza manifestan-
               do di avere una chiara cognizione del territorio e delle sue famiglie criminali ,
                                                                                          10
               occupandosi  anche  fin  da  subito  delle  indagini  del  delitto  Bonura,  mafioso
               eccellente della borgata rurale dell’Uditore. Egli, infatti, usava un metodo inve-
               stigativo che ricalcava quello tipico che l’allora Colonnello Carlo Alberto Dalla
               Chiesa  adoperò  durante  la  sua  carriera  militare  in  Sicilia  contro  la  malavita
               mafiosa. E questo era già un motivo più che sufficiente per ucciderlo!
                    Sebbene quel Comandante della Tenenza di Palermo Suburbana avesse
               avuto  appena  il  tempo  per  immergersi  nel  milieu  delle  borgate  palermitane
               mostrava, per altro, una grande capacità di lavoro tale da far sì che anche quella
               piccola e periferica struttura dell’Arma in località Roccella costituisse un presi-
               dio di legalità in una zona che invece storicamente era immersa nella più densa
               e tenebrosa illegalità. Infatti Mario Malausa si era fatta una certa buona fama
               per  le  operazioni  di  controllo  e  di  repressione  che  aveva  sistematicamente
               avviato nell’area di sua competenza e, particolarmente, fra le località di Acqua
               dei Corsari, Brancaccio, Ciaculli e Villabate. Già i giornali cittadini elogiavano
               più volte il nome del Tenente Mario Malausa.
                    Insomma, egli cominciava ad essere noto come un Ufficiale dell’Arma pie-
               namente operativo che sapeva afferrare perspicacemente dalla sua postazione
               di servizio non solo i tratti salienti del fenomeno ma anche l’essenza e le con-
               nessioni interne ed esterne del problema mafioso avendo ben chiara la dinamica
               del  generale  e  complessivo  spostamento  degli  interessi  mafiosi  dalle  zone
               extraurbane a quelle urbane, in parallelo con la lotta feroce e senza esclusione
               di colpi fra cosche per l’egemonia criminale.
                    Mario Malausa, come si è accennato, già il 22 marzo del 1963 aveva finito
               di scrivere il suo rapporto riservato sulle attività mafiose che aveva monitorate
               e lo aveva trasmesso al suo Comandante del Gruppo interno Carabinieri di
               Palermo.  Questi,  a  sua  volta,  lo  aveva  immediatamente  inviato  all’Autorità
               Giudiziaria ma, inspiegabilmente, non fu esaminato se non dopo il compimen-

               10   Nella didascalia di una sua fotografia pubblicata in un giornale locale è scritto che il Tenente
                    Malausa si era già occupato in indagini che riguardavano la figura di Pietro Torretta, capo-
                    mafia della borgata di Uditore e considerato vicino al gruppo dei fratelli La Barbera avversari
                    del gruppo facente capo a Salvatore Greco di Ciaculli.

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