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L’ECCIDIO DEI CARABINIERI NEL QUADRO DELL’ATTENTATO DI CIACULLI
                                   LA FIGURA DEL TENENTE MARIO MALAUSA




               roristico diretto ad infliggere un colpo mortale ai rappresentanti dello Stato?
               Forse la protervia dei mafiosi sembrò, in quel tempo, una iperbole così tanto
               incredibile.
                    Per la strage provocata dall’esplosione delle due ‘Giuliette’ di Villabate e
               di  Ciaculli  furono  imputati  e  rinviati  a  giudizio  i  mafiosi  Pietro  Torretta  e
               Tommaso Buscetta ma cinque anni e mezzo dopo la strage di Ciaculli la sen-
               tenza emessa dalla Corte d’Assise di Appello di Catanzaro (28 dicembre 1968)
               li assolse per insufficienza di prove relativamente a quegli attentati .
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                    I loro autori, pertanto, rimasero ignoti così come rimase ignoto il moven-
               te,  anche  se  Tommaso  Buscetta,  durante  la  sua  collaborazione,  dichiarò  al
               Giudice Falcone che il solo responsabile delle ‘Giuliette’ imbottite di tritolo e
               della strage in questione fu il Cavataio: ma Michele Cavataio non poté confer-
               mare o smentire in quanto era già morto.
                    Il Tenente Malausa e le povere vittime di quei Servitori dello Stato inter-
               pellano ancora la nostra coscienza e ci chiedono ancora giustizia e verità, una
               verità purtroppo denegata a causa di insufficienza di prove. Con grandissima
               misura e prudenza, con animo disincantato e senza pregiudizio, lo storico di
               professione si interroga, trascorsi sessanta anni, su alcune domande che sono
               rimaste senza risposta: perché quella telefonata alla Stazione dei Carabinieri di
               Roccella? Chi era il telefonista? Di certo l’esplosione della ‘Giulietta’ a Villabate
               fu il prologo dell’esplosione di quella a Ciaculli, ma perché solo quest’ultima fu
               segnalata? Quali conseguenze ci si aspettava da questa segnalazione? Quali mes-
               saggi doveva veicolare? Perché, infine, non fu appellata la sentenza di Catanzaro
               relativamente  al  crimine  perpetrato  contro  le  Forze  dell’ordine  e  i  Militari
               dell’Esercito, il quale crimine invece rimase inspiegabilmente impunito a propo-
               sito dei mandanti e degli esecutori? Perché allora la Magistratura non indagò più
               a fondo? La fatica del domandare è perciò doverosa ma ancora più doverosa
               appare la ricostruzione della memoria di quell’evento per rendere più forte la
               giustizia conferendole una speranza di verità. Non resta, allora, che il diritto del
               ricordo, ovvero un diritto al risarcimento morale , un diritto che restituisca
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               14   Buscetta sarà giudicato in contumacia e dovrà però scontare 10 anni di carcere per associa-
                    zione a delinquere, così come Torretta, boss della zona suburbana dell’Uditore, dovrà scon-
                    tare 27 anni per un altro duplice omicidio.
               15   Non vi fu invece nessun risarcimento penale e civile. Si deve alla lodevole sensibilità dei
                    Deputati On. Giampiero Cannella e On. Alberto Ascierto, in quel tempo componenti della
                    Commissione Difesa della Camera, se il 16 settembre 2005 inoltrarono al Ministro della
                    Difesa una interrogazione a risposta scritta lamentando che “a tutt’oggi la prevista ‘speciale
                    elargizione’ è stata corrrisposta solo ai familiari delle cinque vittime appartenenti alle Forze
                    di Polizia mentre i parenti del Maresciallo Nuccio e del soldato Ciacci ne sono rimasti esclusi.
                    In  particolare  i  familiari  del  personale  dell’Esercito  coinvolti  sono  i  quattro  figli  del
                    Maresciallo Nuccio, i quali non percepiscono alcun trattamento in quanto la corresponsione

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