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IL COMPLESSO RAPPORTO TRA IL REATO MILITARE DI DIVULGAZIONE DI NOTIZIE
                                            SEGRETE O RISERVATE




                    In  primo  luogo  va  subito  chiarito  che  il  reato  militare  qui  in  esame  si
               distingue da tutte le fattispecie poste a tutela del segreto militare di cui al Libro
               secondo, Titolo primo, Capo II, del Codice di Pace (Dello spionaggio e della
               rivelazione di segreti militari, artt. 86 e ss.) in quanto l’oggetto specifico di detti
               reati è individuato nelle notizie concernenti la forza, preparazione o difesa mili-
               tare dello Stato e che devono rimanere segrete o riservate, mentre l’art. 127
               tutela le notizie segrete o riservate concernenti in generale il servizio o la disci-
               plina militare. In proposito è significativa la clausola di salvezza inserita all’inizio
               della norma (salvo che il fatto costituisca un più grave reato), il che la rende
               applicabile solo in via residuale e la fa recedere rispetto alle ben più gravi dispo-
               sizioni previste dal suddetto Capo II.
                    La clausola di salvezza, tuttavia, all’evidenza non opera con riguardo al
               rapporto tra il reato di cui all’art. 127 c.p.m.p. e quello di cui all’art. 326 c.p.,
               essendo le due fattispecie punite con una pena di pari entità.
                    La questione qui affrontata, pertanto, trova il suo inquadramento nella
               sola cornice del principio di specialità, che impone di effettuare una attenta
               indagine sulle peculiarità che caratterizzano gli elementi tipici di detti reati.
                    L’art. 127 c.p.m.p., infatti, punisce il militare che “rivela notizie concernen-
               ti il servizio o la disciplina militare in generale, da lui conosciute per ragione o
               in occasione del suo ufficio o servizio, e che devono rimanere segrete”; l’art.
               326, invece, punisce “Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico
               servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque
               abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere
               segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza”.
                    Nonostante le evidenti differenze terminologiche riscontrabili dalla lettura
               del testo normativo, in realtà gli elementi specializzanti più rilevanti della fatti-
               specie  militare  rispetto  a  quella  comune  sono  da  individuare  in  due  aspetti
               essenziali: uno nel soggetto attivo, che può essere solo un appartenente alle
               Forze armate, l’altro nella riferibilità al servizio o alla disciplina militare della
               notizia che costituisce l’oggetto della rivelazione.
                    Non sorprende che i più complessi problemi interpretativi sono emersi sul
               secondo di tali elementi, ciò a causa dei contorni incerti che marcano la nozione
               di servizio fatta propria dall’art. 127 c.p.m.p. e che hanno condotto a conclusio-
               ni non univoche.
                    In particolare, nella inevitabile sporadicità dei casi esaminati, la giurispru-
               denza di legittimità, con le recenti sentenze qui all’esame (v. nota 1), è interve-
               nuta  ponendo  dei  punti  fermi  a  nostro  avviso  assolutamente  condivisibili,
               peraltro in contrasto con la posizione assunta da una sentenza del Tribunale


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