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STUDI MILITARI




                  Per ovvie ragioni non può essere questa la sede per una diffusa trattazione
             che affronti tutte le molteplici implicazioni che dottrina e giurisprudenza sono
             state chiamate ad esplorare sul punto.
                  In  via  di  prima  approssimazione,  è  opportuno  però  preliminarmente
             osservare che la prevalente giurisprudenza di legittimità (per tutte: Cass. SS.UU.
             Sent. n. 20664/2017) pur prendendo atto di tutte le disparate teorie elaborate
             dalla dottrina sul concorso apparente di norme (assorbimento, consunzione,
             ante-fatto o post-fatto non punibile, identità del bene giuridico) ha ritenuto con
             decisa convinzione di restare ancorata esclusivamente al dato normativo conso-
             lidato nel principio di specialità contenuto nel sopra riportato art. 15 del codice
             penale, riferimento considerato imprescindibile per dare concretezza al princi-
             pio di legalità e ai conseguenti principi di determinatezza e tassatività che, in
             forza degli approdi cui è pervenuta la giurisprudenza delle Corti sovranazionali,
             devono trovare adeguata applicazione anche nella intricata materia all’interno
             della quale si muovono queste brevi riflessioni.
                  In sostanza, secondo tale impostazione ermeneutica, per stabilire se ci si
             trovi di fronte ad un concorso formale di reati (il soggetto con unica condotta
             viola diverse disposizioni di legge) o ad un concorso apparente di norme (il sog-
             getto  risponde  di  un  solo  reato  che  copre  l’intero  disvalore  della  condotta)
             occorre sempre avere riguardo alla comparazione delle fattispecie astratte e dei
             loro elementi strutturali, per verificare se sussista tra di esse un rapporto di spe-
             cialità che consenta di affermare che la pretesa punitiva sia pienamente soddi-
             sfatta con l’applicazione di una sola delle due norme, il che si verifica quando
             una delle due fattispecie presenti gli stessi elementi costitutivi dell’altra, con l’ag-
             giunta di elementi specifici - cosiddetta specialità unilaterale - o anche solo mag-
             giormente specifici - cosiddetta specialità bilaterale.
                  I supremi giudici, peraltro, non hanno trascurato di rimarcare la validità
             di una rigorosa applicazione del principio di specialità anche ai fini della solu-
             zione delle connesse problematiche sul divieto del bis in idem sostanziale nei
             termini in cui esso è stato elaborato nei più recenti approdi della giurispruden-
             za della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (a partire dalla nota sentenza
             Grande  Stevens  del  4  marzo  2014)  e  della  Corte  Costituzionale  (Sent.  n.
             200/2016).
                  Fatta questa epidermica ma necessaria premessa, veniamo ora alla specifi-
             ca questione che in questa sede si vuole affrontare, relativa al rapporto intercor-
             rente tra il reato militare di divulgazione di notizie segrete o riservate, previsto
             dall’art. 127 c.p.m.p., e il reato comune di rivelazione ed utilizzazione di segreti
             d’ufficio previsto dell’art. 326 c.p..

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