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OSSERVATORIO INTERNAZIONALE
Non è stato infatti in grado di formulare una strategia coerente indivi-
duando degli obiettivi chiari; ha sistematicamente sottostimato il tempo e le
risorse necessarie per ricostruire l’Afghanistan; ha costruito istituzioni e infra-
strutture che si sono rivelate insostenibili e non è riuscito a formare adeguata-
mente forze armate e di polizia locali (Sopko, 2021).
A seguito del ritiro degli USA dal paese nel 2021, la velocità con la quale
le forze di sicurezza afghane si sono disgregate di fronte all’avanzata dei
Talebani (AP, 2021) testimonia infatti chiaramente di come l’assistenza securi-
taria internazionale sia stata sostanzialmente inefficace. Pertanto, i drammatici
fallimenti della comunità internazionale in Somalia, Afghanistan e Iraq porte-
ranno a un generale ripensamento delle modalità di intervento internazionale, e
più nello specifico a una revisione degli strumenti mobilizzati per generare
capacità di sicurezza locali autosufficienti, che non dipendono cioè da un con-
tinuo supporto esterno.
3. L’assistenza securitaria oggi
Se le l’esperienza maturata in Somalia, Afghanistan e Iraq porta a decreta-
re inequivocabilmente la fine del paradigma statocentrico di impronta neolibe-
rale, l’interesse degli attori statali per la stabilità e sicurezza di zone periferiche
del mondo rimane sostanzialmente immutato.
Le pratiche degli interventi internazionali si trasformano così secondo due
dinamiche complementari: quella di ridefinire le responsabilità degli attori coin-
volti in questo tipo di sforzi e quella di ridurre i costi. C’è infine una condizione
di carattere sistemico, quella di una crescente competizione internazionale, che
sembra esercitare un influenza non trascurabile sul natura dei più recenti sforzi
internazionali in materia di sicurezza.
Che sia in atto una progressiva ridefinizione delle responsabilità in ambito
securitario emerge chiaramente osservando l’evoluzione delle operazioni di
controinsorgenza. Interventi statocentrici lasciano infatti spazio ad azioni più
mirate e adattive, volte ad accrescere la resilienza delle comunità nelle quali si
interviene. La responsabilità per quanto concerne il mantenimento di un certo
grado stabilità e di livelli accettabili di sicurezza viene quindi trasferita dal livello
internazionale a quello statale e financo locale, tanto da spingere alcuni a parlare
di un vero e proprio “local turn” (Randazzo, 2017).
Così la figura del soldato dispiegato per garantire la sicurezza in uno stato
terzo scompare gradualmente, a favore di quelle di consiglieri militari e facilita-
tori che hanno per compito quello di supportare - ed eventualmente rafforzare
- delle capacità già esistenti proprio a livello locale (Moe & Müller, 2017).
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