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SECURITY FORCE ASSISTANCE: LA CIFRA DI UN NUOVO PARADIGMA DI INTERVENTI INTERNAZIONALI?
Per questo motivo numerosi studiosi ritengono che l’assistenza securitaria
sia diventata la cifra di un nuovo modello “post-intervenzionista” (Tholens &
Ruffa, 2023; Kristiansen & Hoem, 2021; Santini & Tholens, 2018; Biddle et al.,
2018; Moe, 2016) che rifugge attività di “ingegneria sociale” (Berdal, 2017)
implicite nei concetti di state- e peacbuilding. In conseguenza, se con la fine della
Guerra Fredda l’assistenza securitaria aveva un ruolo eminentemente tecnico
nel contesto di più ampi sforzi dal carattere fortemente politico, oggi il mede-
simo tipo di attività viene spesso condotto in assenza di un quadro operativo
più vasto. Se prima si riteneva che le attività di SSR concernessero esclusiva-
mente l‘aspetto securitario e dovessero essere accompagnate da sforzi in ambito
politico, economico e sociale, oggi l’UE considera le attività di SSR come il
ponte concettuale fra sviluppo e sicurezza (Deneckere et al., 2022). Idealmente
la riforma del settore della giustizia e della sicurezza (SSR) affianca a un’assi-
stenza operativa - che sostanzialmente coincide con SFA - anche attività volte
a rafforzare la trasparenza dell’amministrazione, il controllo democratico del-
l’apparato militare e il rispetto dei diritti dell’uomo e del principio di legalità.
Tuttavia, guardando ai più recenti sforzi europei in quest’ ambito, cioè alle mis-
sioni di capacity building quali EUCAP Sahel Niger, EUCAP Sahel Mali, EUTM
Mali, l’accento è sempre posto sull’aspetto securitario, anziché sui più ampi pro-
blemi di governance politica, trasparenza e controllo democratico (Raineri &
Baldaro, 2020, Raineri, 2016).
Il primo aspetto saliente dell’assistenza securitaria contemporanea è quindi
quello di un trasferimento delle responsabilità relative al mantenimento della
sicurezza e della stabilità in una determinata area. Questi aspetti, infatti, non
sono più considerati un onere delle istituzioni dello stato che interviene: la
responsabilità ricade infatti sulle istituzioni, quali esse siano, del territorio nel
quale si interviene (Sandnes, 2022). In questa prospettiva è proprio la figura sim-
bolica del consigliere militare ad operare questo trasferimento di responsabilità.
La seconda esigenza che impatta significativamente sul modo di concepire
interventi internazionali è quella di ridurre i costi. Il costo in termini economici,
umani e reputazionali di un intervento diretto in un teatro estero è oggi inso-
stenibile per la pressoché totalità dei decisori politici. Se in Somalia la morte di
18 soldati ha determinato la fine di un intervento, il cosiddetto “bodybag effect”
(effetto sacca per cadaveri) (Freedman, 2000) rende sempre più difficile per le
democrazie occidentali - e non solo - accettare i costi umani che un intervento
su larga scala inevitabilmente comporta. Allo stesso modo gli ingenti costi
generati dal dispiegamento di un grande numero di soldati al di fuori dei confini
nazionali si scontrano con budget statali sempre più ristretti.
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