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SECURITY FORCE ASSISTANCE: LA CIFRA DI UN NUOVO PARADIGMA DI INTERVENTI INTERNAZIONALI?
Di fronte a uno scenario internazionale sempre meno prevedibile e sem-
pre più instabile, gli stati cercherebbero infatti di “governare dalla distanza”
attraverso la logica del fallimento e del rifiuto (Joseph, 2016). Il fallimento,
come analizzato in precedenza, è relativo alla costruzione o ricostruzione di
apparati statali (come nei casi di Afghanistan e Iraq) e alla capacità della comu-
nità internazionale di garantire i presupposti per una pace duratura. Il rifiuto
invece è quello dell’esistenza di un obbligo di intervento per gli stati più svilup-
pati nei confronti di quelli che lo sono meno. Ecco, quindi, che il concetto di
resilienza assume un ruolo di prim’ordine: lo scopo degli interventi internazio-
nali - sempre più limitati in termini di mezzi e ambizioni - sarà quello di favorire
e rafforzare le capacità locali di “affrontare e superare” shock endogeni (violen-
za politica, insorgenze, crimine, ecc) ed esogeni (terrorismo, crisi economiche,
alimentari, ecc).
Date le caratteristiche salienti di questo tipo di postura, le attività di assi-
stenza securitaria si espongono a due categorie di rischi diversi che schematica-
mente si possono ricondurre (I) alla natura delle relazioni internazionali e alle
norme che esse di fatto veicolano e (II) alle attività che costituiscono gli inter-
venti di assistenza securitaria.
Per quando concerne il primo punto, si è notato come l’assistenza securi-
taria tenda a riprodurre una visione gerarchica delle relazioni internazionali,
poiché definisce delle deficienze (capacitarie, politiche economiche) e individua
delle soluzioni (perlopiù tecniche) essenzialmente secondo il metro di chi inter-
viene e non secondo i reali bisogni dello stato target (Tholens & Al-Jabassini,
2023). Il transfert di materiale che l’assistenza inevitabilmente comporta reifica
quindi delle dipendenze, che secondo alcuni si costituiscono sulla scorta di
quelle che furono le relazioni fra paesi colonizzatori e colonizzati (Tholens &
Ruffa, 2023).
Il quadro interpretativo più ricorrente con il quale la comunità internazio-
nale individua dei “bisogni” di assistenza è poi sovente quello degli spazi “non
governati” (Baldaro, 2022). Tuttavia, la stessa nozione di spazio non governato
non rileva che, laddove l’autorità statale è più debole o assente, esistono nondi-
meno degli spazi sociali basati su forme locali di ordine sociale (Campana &
Ducol, 2011).
Nel tentativo di “riportare” stabilità e sicurezza in questi luoghi si rischia
quindi di fare affidamento su attori che possiedono i mezzi necessari per eser-
citare forme di controllo pseudo-statali, ma il cui ethos è definito in contrappo-
sizione allo stato, come nel caso di esponenti del crimine organizzato o di grup-
pi insorti (Raineri & Strazzari, 2019).
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