Page 43 - Rassegna 2023-4
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LA NATURA COMPLESSA DELL’AZIONE DISCIPLINARE DI CORPO




                    Tale ampia discrezionalità è mitigata, però, da alcuni obblighi inderogabili.
               Innanzitutto l’obbligo, da parte del comandante di corpo, di procedere discipli-
               narmente ogniqualvolta, a fronte di un reato commesso da un suo dipendente,
               per il quale il codice penale militare preveda la procedibilità a richiesta, egli non
               ritenga di richiedere il procedimento penale, ai sensi dell’articolo 260 c.p.m.p.
               Inoltre, l’obbligo di procedere disciplinarmente nel caso in cui verifichi che l’in-
               frazione indicata in un rapporto disciplinare a lui pervenuto da parte di un gene-
               rale, ammiraglio, colonnello o altro comandante di corpo sia prevista tra i com-
               portamenti punibili con la consegna di rigore (art. 1397, comma 7, com). E,
               ancora, l’obbligo di procedere da parte dell’autorità militare competente per fatti
               che, in tutto o in parte, costituiscono oggetto di accertamenti da parte dell’auto-
               rità giudiziaria (art. 1393, comma 1, com). In tutti questi casi, comunque, l’obbli-
               go di procedere non pregiudica, né limita l’ampia discrezionalità di cui si è detto.
                    Ma che l’azione disciplinare militare, benché giuridicizzata mantenga ancora
               una forte natura di azione di comando, traspare evidente nella disposizione che
               assegna la competenza disciplinare non già al comandante di corpo del momento
               dell’illecito, bensì al comandante di corpo del manchevole all’atto della sanzione.
               La logica di una disposizione di tal genere risiede nella opportunità che a decidere
               della sanzione sia il comandante che dispone del militare al momento in cui deve
               esercitare l’azione disciplinare, affinché possa valutare la convenienza, la necessità
               e la misura della sanzione sulla base della primaria necessità del reparto di dispor-
               re in toto dell’opera del dipendente. Ciò in un’ottica di impiego del personale e di
               tutela degli strumenti d’azione. È ovvio, infatti, che essendo il militare la risorsa
               più importante e delicata a disposizione del comandante per le operazioni da
               compiere, sarà solo lui che potrà valutare, innanzitutto, l’utilità marginale della
               sanzione rispetto all’interesse eventualmente subentrato di disporre della massima
               disponibilità da parte del sanzionando, al fine di evitare che la sanzione possa
               comportare il venir meno, o anche solo un affievolimento, di essa.
                    Delineato il quadro normativo entro il quale l’autorità militare si determi-
               na nell’esercizio del potere disciplinare di corpo, possiamo illustrare lo sviluppo
               dei poteri gerarchici in funzione dell’azione disciplinare.
                    Innanzitutto, l’autorità militare, sia che riceva un rapporto disciplinare sia
               che abbia diretta cognizione di un’infrazione, svolge inizialmente degli accerta-
               menti preliminari. Tale fase, formalizzata dagli artt. 1392 e 1393 com , non ha
                                                                                 (52)
               contenuti e procedure predeterminati, ma è lasciata al libero apprezzamento
               dell’autorità competente.

               (52)  L’art. 1392, com si riferisce ai termini del procedimento disciplinare di stato, mentre l’art. 1393
                    com riguarda i rapporti tra procedimento disciplinare di stato e di corpo e procedimento penale.

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