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LA RESPONSABILITÀ DEL PROPRIETARIO NON COLPEVOLE TRA RISARCIMENTO DEL DANNO
AMBIENTALE E MESSA IN SICUREZZA DEL SITO CONTAMINATO
che solo il responsabile della contaminazione deve realizzare, in caso di poten-
ziale o accertato superamento delle CSC nell’ambito della disciplina sulla bonifi-
ca, in attesa delle ulteriori attività (caratterizzazione, eventuale bonifica/messa in
sicurezza operativa e ripristino ambientale), previste dalle procedure contenute
nella parte IV del codice dell’ambiente”.
Applicando poi i principi enucleati dalla citata sentenza della Corte di
Giustizia Europea C-534/13 del 4 marzo 2015 le Sezioni Unite escludono
“sistemi amministrativi in cui sia direttamente la condotta delle autorità ad
imporre regimi più stringenti, vale a dire misure diverse da quelle di prevenzio-
ne nei confronti del proprietario incolpevole, essendo l’eventuale previsione di
spettanza del solo legislatore”. Inoltre “l’indagine sulle norme positive” non
deve condurre “ad una possibile sostituzione generalizzata all’effettivo respon-
sabile del danno del diverso soggetto-proprietario non colpevole”, con la con-
seguenza che “considerare le misure di messa in sicurezza di emergenza alla
stregua di una sottoclasse delle misure di prevenzione espone ad un contrasto
con la stessa sentenza CGUE del 4 marzo 2015 posto che tale assimilazione
produrrebbe l’effetto di imporre, nella sostanza, un obbligo di riparazione di un
danno già in essere a carico di un soggetto non responsabile della contamina-
zione che l’ha determinato”.
In definitiva le misure di messa in sicurezza non sono e non possono esse-
re assimilate alle misure di prevenzione, in quanto divergono sia in ordine alla
funzione svolta che agli stessi elementi che caratterizzano le due diverse tipolo-
gie di intervento.
6.Applicazione all’illecito ambientale degli artt. 2050 e 2051 del codice civile
La Corte di Cassazione, nella citata sentenza, ha risolto anche il problema
circa l’applicazione degli artt. 2050 e 2051 del codice civile all’illecito ambienta-
le, affermando un principio che sembra discostarsi da quanto finora stabilito
dalla giurisprudenza amministrativa.
I giudici di Piazza Cavour stabiliscono che “l’inapplicabilità degli artt.
2050-2051 c.c. (…) discende direttamente dalla natura interamente speciale
propria del codice dell’ambiente; si è cioè di fronte, dopo l’introduzione della
Direttiva 2004/35/CE, ad un corpo normativo appositamente dedicato, come
chiarito in dottrina, alla tutela dell’illecito ecologico, ormai slegato dal sistema
regolativo dell’illecito civile ordinario di cui agli artt. 2043 e s. c.c., come si evin-
ce dalla minuta descrizione tanto del regime di responsabilità quanto dei sog-
getti responsabili - e tra essi, primariamente, gli operatori professionali - e
soprattutto del perimetro di applicazione della disciplina, il quale viene escluso
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