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AGRO ECO AMBIENTE




             colpevole di essere destinatario degli obblighi di messa in sicurezza: si fronteg-
             gia chi ritiene che le fattispecie d’intervento possano essere incluse “nel più
             vasto genus delle misure preventive o precauzionali” a chi invece sostiene che
             rientrino tra quelle di riparazione o di ripristino.
                  Seguendo il primo filone interpretativo “la misura, per il suo connotato
             oggettivo emergenziale, s’imporrebbe in termini di attuazione immediata anche
             a carico del proprietario incolpevole, tenuto ad adottarla e così a contribuire a
             prevenire il pregiudizio, (…); a questa stregua, (…) le norme contemplanti il
             proprietario, come gli artt. 245 e 244 cod. amb., dovrebbero essere rilette come
             un coinvolgimento per un verso doveroso (…) per l’attuazione, senza distinzio-
             ne, di tutte le misure di prevenzione (stante il richiamo all’art. 242) e, per altro,
             pienamente partecipativo all’intero iter dell’intervento preventivo (così trovan-
             do spiegazione la notifica, appunto anche al proprietario, della MISE imposta
             al responsabile autore materiale)”.
                  La Corte di Cassazione dichiara di aderire al secondo orientamento in base
             ad una serie di argomenti. Viene innanzitutto premesso come il d.lgs. n. 152 del
             2006, attuando la Direttiva 2004/35/CE realizzi “una legge speciale, tenden-
             zialmente regolativa delle fattispecie di responsabilità per danni all’ambiente”.
             Del resto “lo stesso art. 298-bis, comma 1 (…) ha riguardo ad una nozione di
             attività e, poi, rinvia al sistema della prevenzione e del ripristino ambientale
             (titolo II parte Sesta), anche per qualsiasi minaccia imminente di danno grave,
             (…)”. Ciò significa che la misura d’intervento può essere applicata solo quando
             sia “intermediata di necessità dalla previsione soggettiva che, nei testi citati ed
             almeno,  correla  l’operatore  a  una  determinata  iniziativa  economica/attività
             sull’area,  così  imputando  in  modo  diverso  la  compromissione  delle  matrici
             ambientali”. In tal modo si evita che “una riqualificazione oggettiva nei termini
             della sola funzionalità di una qualunque misura volta a fronteggiare il danno
             ambientale  imminente  o  attuale”  possa  introdurre  nell’ordinamento  italiano
             “una  nozione  così  lata  di  responsabilità  incolpevole  e  di  posizione”  tale  da
             rescindere il legame che sussiste tra “azione contaminante e riparazione alla
             base del principio per cui ‘solo chi inquina paga”.
                  Il principio “chi inquina paga” dunque non può essere dilatato fino a com-
             prendere un soggetto cui non può attribuirsi la condotta illecita, proprio perché
             presuppone la stretta interdipendenza tra azione contaminante e misura riparatrice.
                  La sentenza passa ad esaminare il testo dell’art. 245 del d.lgs. 152 del
             2006 che impone al proprietario o al gestore dell’area che rilevi il superamen-
             to o il pericolo concreto e attuale del superamento della concentrazione soglia
             di contaminazione (CSC), l’obbligo di darne comunicazione alla regione, alla

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