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DOTTRINA




                  In Calabria la ‘ndrangheta viene vista e considerata come il vero stato, in
             cui il giovane si identifica e la considera come unica soluzione di riscatto sociale.
             Il latitante, il capo della Locale, l’affiliato vengono considerati come eroi, come
             soggetti che si sono realizzati, che hanno ottenuto potere e affermazione sociale.
                  Il  procuratore  Gratteri,  in  occasione  delle  scritte  comparse  a  Locri  che
             inneggiavano la ‘ndrangheta, afferma che in Calabria è sempre più sviluppato il
             fenomeno dei “tifosi dell’anti-stato”, persone che odiano le istituzioni, che hanno
             sposato la legge criminale, gente ignorante e rozza che ha mitizzato la ‘ndrangheta.
                  Nel diventare mafioso è importante analizzare il ruolo della famiglia: la psi-
             cologia considera la famiglia come luogo principale di formazione dell’identità
             e della coscienza, un ambiente perfetto per la trasmissione dei valori.
                  Tale idea diviene ancora più determinante se considerata dalla prospettiva
             dell’organizzazione criminale. La famiglia mafiosa ha strumentalizzato l’istitu-
             zione familiare, i suoi valori e le relazioni tra i suoi membri.
                  Nella ‘ndrangheta la famiglia è ritenuta così importante che addirittura la
             terminologia della costruzione familiare è stata riportata nel sistema mafioso: la
             cosca viene chiamata “Famiglia”, i membri “fratelli” e il capofamiglia ha l’appel-
             lativo di “mammasantissima”.
                  Nella ‘ndrangheta la figura femminile è stata volutamente improntata ad
             una invisibilità. Lo stereotipo della donna come sottomessa, inaffidabile e suc-
             cube è stato volutamente veicolato all’esterno sia dall’organizzazione che dalle
             donne stesse, non per debolezza ma per condivisione degli scopi e per compli-
             cità e fedeltà più totale.
                  La presenza della donna è di fondamentale importanza sia per il manteni-
             mento dell’organizzazione mafiosa sia per la crescita dei figli, eredi del potere
             mafioso dei padri. Ecco quindi come la capacità riproduttiva ed educativa della
             donna di mafia entra in scena nella struttura mafiosa, donna non considerata più
             come vittima nell’immaginario collettivo ma come perno del nucleo familiare
             mafioso.
                  É importante sottolineare anche la differenza di educazione ricevuta tra
             figli maschi e femmine. I maschi vengono addestrati a modelli e codici compor-
             tamentali finalizzati a diventare uomini di mafia (virilità, forza, omertà, obbe-
             dienza cieca); la “devianza” di tale educazione è che i figli vengono amati e accu-
             diti solo nella misura in cui dimostrano di soddisfare le aspettative mafiose della
             famiglia.
                  Per le femmine invece, le madri trasmettono loro il modello di subordina-
             zione femminile all’autorità maschile, imparando ad essere passive e ad ascoltare
             il maschio in tutto e per tutto.

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