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MENTALITÀ MAFIOSA:
                     LA ‘NDRANGHETA COME FENOMENO ANTROPOLOGICO, SOCIALE E PSICOLOGICO




                    È di fondamentale importanza far riferimento agli articoli 88 e 89 del c.p.,
               con particolare attenzione agli elementi che fanno venir meno la capacità di
               intendere e di volere: innumerevoli sono state le opinioni dottrinarie e giurispru-
               denziali in materia. Nonostante un indirizzo restrittivo abbia portato a conside-
               rare come rilevanti solo le malattie mentali intese come gravi psicosi croniche e
               acute accertate clinicamente e le insufficienze cerebrali originarie o sopravvenu-
               te, si è sviluppato successivamente un orientamento che ritiene il concetto di
               infermità mentale espresso dal codice in maniera molto più ampia, inserendo
               quindi anche quei soggetti che pur non essendo malati di mente possono essere
               considerati incapaci di intendere e di volere. In questo quadro di riferimento
               devono quindi essere considerati i disturbi di personalità e gli stati psicopatolo-
               gici e nevrotici che, essendo anomalie psichiche, non permettono al soggetto
               una piena capacità di intendere e di volere. È quindi importante sottolineare che
               è sbagliato considerare un soggetto capace di intendere e di volere solo perché
               non affetto da disturbi psicopatologici di carattere continuo ed è proprio in
               questo contesto che la scienza psichiatrica occupa un ruolo di primo piano, in
               quanto proprio quest’ultima ha abbandonato l’idea dell’inflessibile contrappo-
               sizione tra malattia mentale e non malattia.
                    Nel concetto di infermità espresso negli articoli 88 e 89 del c.p. il legislato-
               re ha voluto dare una nozione più ampia di malattia, che non allude semplice-
               mente ad una condizione psicopatologica e quindi ad una rilevante alterazione
               psico-fisica, ma a qualunque disturbo che incidendo sulla psiche comprometta
               in maniera irrimediabile la capacità di intendere e di volere.
                    Per quanto riguarda invece i disturbi di personalità, si può affermare che
               anche questi possono escludere l’imputabilità del soggetto agente. La psichiatria
               ha individuato vari disturbi di personalità tra i quali: disturbo paranoide, schizo-
               tipico, ossessivo compulsivo e antisociale. Importantissimo a tal proposito è il
               quadro  interpretativo  espresso  nella  sentenza  delle  Sezioni  Unite  della
               Cassazione del 8 marzo 2005, n. 9163. La Corte riconosce che anche ai disturbi
               della personalità possa essere attribuita un’attitudine, scientificamente condivisa,
               a proporsi come causa idonea ad escludere o scemare la capacità di intendere e
               di volere del soggetto agente, qualora si presentino gravi e consistenti e siano in
               un rapporto di causalità con il fatto di reato commesso. La Suprema Corte inclu-
               de un ampio significato del termine infermità espresso negli articoli 88 e 89 c.p.
               affermando che quando il legislatore penale ha fatto riferimento al differente
               concetto di alterazione anatomica o funzionale, l’ha fatto espressamente, utiliz-
               zando proprio il diverso termine di malattia come nell’articolo 582 c.p.: “malat-
               tia nel corpo e nella mente”.


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