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MIRCO GRANOCCHIA




             la specifica finalità di far perdere le tracce dell’origine illecita, mentre il reimpie-
             go richiede che questo specifico scopo sia perseguito mediante l’impiego in atti-
             vità economiche o finanziarie; pertanto l’art. 648-ter è in rapporto di specialità
             rispetto all’art. 648-bis che lo è, a sua volta, rispetto all’art. 648 c.p.” .
                                                                              (90)
                  Può dirsi, dunque, che il delitto di impiego si configura quando la ricezio-
             ne funga da presupposto di un processo esecutivo unitario, ovviamente sorretto
             dal relativo dolo, destinato a far perdere le tracce della provenienza delittuosa
             dell’oggetto ricevuto e ad impiegarlo in attività economiche o finanziarie.
                  Rispetto al riciclaggio, pertanto, l’applicabilità dell’art. 648-ter rimarrebbe
             circoscritta alle condotte di impiego dei beni provenienti da delitto realizzate
             con  modalità  non  idonee  ad  ostacolarne  l’identificazione  della  provenienza;
             rispetto alla ricettazione, invece, risulterebbe limitata a quelle condotte conno-
             tate da dolo generico (no dolo specifico di profitto), che non comportano alcun
             contatto con l’oggetto materiale e che non implicano il trasferimento dello stes-
             so oggetto dal concorrente del reato base a terze persone; tenuta a mente la
             clausola di cui all’art. 379 c.p. (fuori dei casi previsti dagli artt. 648, 648-bis e
             648-ter) che si rivolge, in particolare, a tutte quelle condotte che siano finalizzate
             soltanto ad assicurare ai responsabili del delitto principale il prodotto, il profitto
             o il prezzo del reato.
                  È stata prospettata la possibilità di configurare l’art. 648 ter anche nei
             confronti  di  chi,  avendo  ricevuto  un  bene  in  buona  fede,  successivamente,
             dopo averne appresa la provenienza delittuosa, lo impieghi in un’attività eco-
             nomica o finanziaria . La tesi non può essere accettata stante la mancanza di
                                (91)
             un dato testuale che attribuisca rilevanza alla tardiva, sopravvenuta consapevo-
             lezza della provenienza delittuosa ; inoltre, salva la punibilità per la contrav-
                                             (92)
             venzione dell’art. 709 c.p. , la ricezione in buona fede cancellerebbe, anche
                                      (93)
             per la successiva circolazione, la qualificazione del bene come proveniente da
             delitto .
                   (94)
             (90)  Cass., Sezione Seconda, 14 luglio 2016, n. 33076; In dottrina Lattanzi-Lupo, Codice penale, ras-
                  segna  di  giurisprudenza  e  dottrina,  i  delitti  contro  il  patrimonio,  VI,  Milano,  2005,  281.
                  Sull’argomento, da un punto di vista generale, in maniera esaustiva, Vinciguerra, op. cit., 535,
                  secondo il quale può accadere che fra due norme intercorra, oltre ad un rapporto di sussidia-
                  rietà, anche uno di specialità, ma nonostante ciò si tratta di due concetti distinti: infatti, alla sus-
                  sidiarietà è estraneo il rapporto di genere a specie fra le norme, peculiare della specialità, mentre
                  in quest’ultima è assente la progressione fra gli interessi tutelati, che è caratteristica delle clau-
                  sole di riserva.
             (91)  Pagliaro, Principi di Diritto Penale. Parte speciale, III, 521.
             (92)  V. Rossi Vannini, Il riciclaggio: doveri e responsabilità del professionista, in RTDPE, 1995, 1305.
             (93)  La disposizione si configura in presenza di un possesso in buona fede, elemento che segna
                  la differenza rispetto alla fattispecie ex art. 712 cp.
             (94)  V. Artt. 1147, 1153 e ss c.c.

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