Page 36 - Rassegna 2023-4_Inserto
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ALESSANDRO CARUSO
Tutto ciò non appare neppure proficuo, se si riflette bene su quanto forte
e palese sia la volontà di reprimere tali condotte illecite, di ridurne il loro reite-
rarsi, di non rendere appetibile il loro perfezionamento. Ma così procedendo è
evidente che l’effetto nettamente contrario attende dietro l’angolo. Così come
eventuali pronunce di illegittimità costituzionale o applicazioni pratiche lontane
dal reprimere il reato e dal riequilibrare la concorrenza violata.
Ultimo profilo su cui si richiede un intervento riformatore è quello della
misura di sicurezza della confisca, rispetto alla quale è opportuno ricondurre a
ragionevolezza l’ipotesi di concorso di persone, e conformarne l’intera discipli-
na all’ipotesi di confisca generale ex art. 240 c.p., senza voler snaturare la sua
essenza, quasi a volerla tramutare in pena accessoria, da applicare anche a costo
di prescindere dall’accertamento della responsabilità penale.
La sensazione che traspare, dall’analisi di questo delitto, è che il fine prin-
cipale non sia colpire l’illiceità della condotta, il dolo, l’ostacolo alla giustizia, ma
che il “danno patrimoniale” sia il fulcro della disciplina, che a momenti risulta
più orientata ad azzerare il vantaggio ottenuto dal ripulire il denaro sporco, e
quindi dall’utilizzare denaro illecito come denaro “pulito”, che non a disincen-
tivare l’intenzione di farlo e le relative azioni intese ad ottenere tale risultato.
Profili civilistici che si intrecciano con il piano penalistico. Perdendo di
vista che lo scopo del diritto penale non è punire semplicemente, ma è sanzio-
nare perché il soggetto non ripeta l’errore, perché ritorni nella legalità, perché
il tessuto sociale conservi la legalità, perché nessuno decida di porre in essere
quella condotta illecita. Azzerare il vantaggio economico e patrimoniale sì, ma
mai in via principale.
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