Page 30 - Rassegna 2023-4_Inserto
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ALESSANDRO CARUSO
L’orientamento degli ermellini si è rivolto, negli ultimi anni, verso quelle
operazioni non ordinarie, per modalità, tempistiche o importi, che avrebbero
dovuto far sorgere nel soggetto il dubbio di un’origine illecita: il fatto che lo
stesso abbia omesso le opportune verifiche, abbia proseguito nella sua condot-
ta, accettando appunto il rischio, ha portato in molti casi alla condanna per rici-
claggio con dolo eventuale .
(60)
Ma, posta in tali termini, la questione perde di concretezza e di vicinanza
alla certezza, assumendo i connotati di una presunzione, con paradossale inver-
sione, a momenti, dell’onere probatorio, superando i confini costituzionali del
diritto penale e delle garanzie legali in materia. La finalità di non lasciare impu-
nita una condotta così grave come quella del riciclaggio non giustifica qualsiasi
mezzo.
6. Sanzioni e circostanze
La pena prevista per il delitto di riciclaggio permette di annoverarlo certa-
mente tra i reati gravi. Il secondo comma prevede una pena inferiore se il delitto
presupposto è una contravvenzione, punita con la pena minima prevista.
Secondo la dottrina dominante si tratterebbe di una circostanza attenuante .
(61)
Tuttavia, in entrambi i casi, la sanzione prevista dall’ordinamento risulta oggi
chiaramente sproporzionata per tale delitto, alla luce dell’ampliamento del
novero dei reati presupposto.
La sanzione della reclusione da quattro a dodici anni si giustificava nella
sua originaria formulazione, in chiave antiterroristica, e finalizzata a punire
comunque il soggetto cui non poteva imputarsi il delitto principale, per cui
assorbiva, in qualche modo, il disvalore di entrambi.
Attualmente, con la possibilità che il reato presupposto sia anche non
grave, considerata la clausola di riserva a favore dei concorrenti in esso, e para-
gonato il delitto con gli altri delitti puniti per l’offesa ai medesimi beni giuridici,
la sproporzione appare evidente e l’intervento di riforma a riguardo risulta
assolutamente necessario.
Per quanto attiene la circostanza aggravante ad effetto comune di cui al
terzo comma dell’art. 648-bis c.p., a carico di chi svolge attività professionale,
perché avvantaggiato nel procurarsi denaro, beni o utilità di origine illecita,
notevolmente discussa è la determinatezza dell’espressione, alla quale si è cer-
cato di far fronte con riferimento a varie norme disseminate nel sistema. Un
riferimento interessante è alla disciplina di cui agli artt. 10 e ss. del d.lgs. n.
(60) Cfr. Cass. Pen. n. 52241 del 2018.
(61) Cfr. E. Musco (a cura di), op. cit.
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