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ALESSANDRO CARUSO




                  Ciò, tuttavia, fa sorgere un’ulteriore criticità: se il tentativo richiede che gli
             atti siano diretti in modo non equivoco alla realizzazione della condotta, e che
             questa poi non si sia del tutto perfezionata, quali sono, nel caso di specie, gli atti
             diretti a sostituire, trasferire o a far altro in modo da ostacolare l’identificazione
             dell’origine illecita? Cioè, come si può distinguere, e quindi dimostrare e prova-
             re, un tentativo punibile di riciclaggio da meri atti preparatori che di per sé non
             sono  ancora  offensivi  del  bene  giuridico  tutelato,  oppure  che  ancora  il  reo
             potrebbe impedire che diventino condotta di un delitto consumato, o che addi-
             rittura di per sé sono atti leciti, come la semplice apertura di conto corrente
             bancario, o la concessione di fido ? La difficoltà maggiore, in concreto, in
                                              (53)
             materia di tentativo, attiene il profilo probatorio della non equivocità degli atti,
             più che della loro unidirezionalità, combinata con la modalità di ostacolare. Un
             confine un po’ troppo ampio, labile e sottile da dimostrare processualmente.
                  Ulteriore profilo discusso attiene l’ipotesi in cui il soggetto ponga in essere
             più condotte di riciclaggio sullo stesso oggetto del reato. Non si tratta dell’ipo-
             tesi del cosiddetto riciclaggio mediato, ma di plurime condotte tipizzate dal legi-
             slatore, che il reo compie sullo stesso bene: si pensi a operazioni di sostituzione
             e di trasferimento sullo stesso oggetto. Secondo alcuni , si configurerebbe qui
                                                                 (54)
             un delitto abituale, laddove secondo altri si verterebbe nell’ipotesi del reato con-
             tinuato . La Suprema Corte, invero, pur confermandone la natura di reato
                   (55)
             istantaneo, ha ritenuto lo stesso potenzialmente capace di atteggiarsi a reato
             permanente quando il suo autore lo progetti ed esegua con modalità frammentarie e pro-
             gressive ,  definizione,  tuttavia,  che  sembra  esprimere  una  confusione  tra  la
                   (56)
             nozione di reato continuato e la nozione di reato permanente. A tal fine, si
             ricorda brevemente che il reato continuato è una fictio iuris con cui si ritiene un
             unico reato quelli che tecnicamente sono più reati, uniti da un medesimo dise-
             gno  criminoso,  per  un  fine  prevalentemente  sanzionatorio,  volto  ad  evitare
             cumuli di pene non funzionali nel caso di specie.
                  Il reato permanente, invece, è un unico reato, che si perfeziona una sola
             volta, con un’unica condotta, ma protratta nel tempo per volontà del reo. È dif-
             ficile, infatti, che a parità di condotte, di per sé limitate in archi temporali non
             persistenti, quali la sostituzione o il trasferimento o operazioni simili, il delitto
             di riciclaggio possa rivelarsi sia a consumazione istantanea che permanente.
             (53)  Cfr. E. Musco (a cura di), op. cit.
             (54)  Cfr. M. Zanchetti, Art. 648 bis c.p., in A. Crespi, G. Forti, G. Zuccalà (a cura di), Commentario
                  breve al codice penale, Padova, 2008.
             (55)  Cfr. S. Seminara, L’impresa e il mercato, in C. Pedrazzi, A. Alessandri, L. Foffani, S. Seminara,
                  G. Spagnolo, Manuale di diritto penale dell’impresa, Bologna, 2000.
             (56)  Cfr. Cass. Pen. n. 29611 del 2016.

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