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LA CONFISCA TRIBUTARIA:
                     LE SUE DOTI CAMALEONTICHE E LE NUOVE ESIGENZE DI GIUSTIZIA SOCIALE




                    Giova ricordare, preliminarmente, che il profitto del reato “si identifica
               con il vantaggio economico derivante in via diretta e immediata dalla commis-
               sione dell’illecito” , e che - in virtù della intrinseca fungibilità del denaro stesso
                                 (5)
               - ingloba in sé anche la forma del risparmio di spesa, non ritenendosi necessa-
               ria, tuttavia, “la prova del nesso di derivazione diretta tra la somma material-
               mente oggetto della confisca e il reato” .
                                                      (6)
                    Sul punto non può omettersi l’orientamento fatto proprio in tempi recenti
               dalla Corte di Cassazione penale a Sezioni Unite , secondo cui la natura diretta
                                                              (7)
               della confisca del denaro - come profitto dei reati tributari - emerge proprio
               dalla novella legislativa che, all’art. 12-bis d.lgs. n. 74/2000, pur consapevole del
               particolare atteggiarsi del profitto in tali reati, in termini di risparmio di spesa
               piuttosto che come incremento patrimoniale, disciplina come ordinaria la con-
               fisca  diretta  e,  solo  in  seconda  battuta,  ammette  la  forma  per  equivalente.
               Inoltre, precisa il Supremo Consesso, quando il prezzo o profitto del reato è
               costituito dal denaro, il sequestro di somme giacenti sui conti correnti bancari
               è sempre finalizzato alla confisca diretta, anche se venga fornita prova della pro-
               venienza lecita di tali somme, purché le stesse siano confluite sui conti alla sca-
               denza  del  termine  per  il  versamento  dell’imposta,  ovvero  al  momento  della
               consumazione del delitto, e non successivamente. In tale ultimo caso non si
               tratterebbe  di  profitto  tributario  in  termini  di  risparmio  di  spesa,  e  dunque
               dovrà procedersi nella forma per equivalente, senza che a riguardo rilevi l’argo-
               mentazione della fungibilità intrinseca del denaro.
                    Il profitto dei reati tributari può quindi atteggiarsi come:
                      imposta evasa da riduzione dell’imponibile;
                      mancata evidenziazione dell’imposta dovuta per omessa dichiarazione;
                      compenso per attività illecita;
                      alterazione dell’accertamento dell’imposta dovuta;
                      omissione dei versamenti dovuti da dichiarazione;
                      sottrazione fraudolenta di beni all’azione dell’erario.
                    Il profitto non può comprendere, tuttavia, le sanzioni e gli interessi matu-
               rati, in quanto rappresentano, appunto, non il profitto ma il costo del reato ,
                                                                                         (8)
               salvo  nel  caso  di  sottrazione  fraudolenta  di  beni  all’azione  dell’erario,  come
               avviene per il delitto di cui all’art. 11 d.lgs. n. 74/2000 .
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               (5)   Cass. Pen., SS. UU., n. 31617/2015. Cfr. Giuseppe Biondi, La confisca per equivalente: pena prin-
                    cipale, pena accessoria o tertium genus sanzionatorio? in Dir. Pen. Contemp., n. 5/2017.
               (6)   Cass. Pen. n. 41072/2015, in www.processopenaleegiustizia.it.
               (7)   Pronuncia n. 42415/2021.
               (8)   Cfr. Cass. Pen. n. 26874/2021.
               (9)   Cfr. Cass. Pen. n. 166/2020, conforme a Cass. Pen., SS.UU., n. 18374/2013.

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