Page 75 - Rassegna 2023-2
P. 75
LA TUTELA PENALE DEL PATRIMONIO CULTURALE INVISIBILE (O INCOGNITO)
che la prova dell’illegittima provenienza dei beni di interesse archeologico non
è carico dell’imputato, bensì della pubblica accusa . Tuttavia in anni più vicini
(26)
la Cassazione è ritornata all’orientamento tradizionale, ribadendo che le situa-
zioni in cui è consentita la proprietà privata dei reperti archeologici costituisco-
no deroghe al principio generale per cui vale la proprietà statale e tali deroghe
necessitano pertanto di rigorosa prova .
(27)
Dal canto suo la Cassazione civile, in forza della presunzione di proprietà
statale dei reperti archeologici da tempo trae la regola per cui incombe al priva-
to l’onere della prova della scoperta e appropriazione anteriormente all’entrata
in vigore della legge 20 giugno 1909 n. 364 , non solo nel caso in cui ricorra
(28)
al giudice civile per ottenere la restituzione della res, secondo la regola generale,
ma anche quando ad agire sia la pubblica amministrazione .
(29)
Ad esempio nella sentenza della Cassazione civile, I, 31 gennaio 2006 - 10
febbraio 2006, ric. Loria si legge: “sostiene il ricorrente che la Corte
(30)
D’Appello avrebbe erroneamente invertito l’onere della prova, facendone richie-
sta al privato stesso. …Non si vede come si debba far carico allo Stato di provare
di aver devoluto parte degli oggetti reperiti ai privati, e di aver compilato il rela-
tivo verbale, non è dato comprendere su quali beni ciò dovrebbe avvenire, non
certo su quelli di cui il privato è stato trovato in possesso, giacché la denuncia da
cui è scattata la misura probatorio-cautelare del sequestro e la presente azione
43 Cost, in quanto ablativo delle cose mobili di proprietà privata per la cui legittimazione richiede una prova
impossibile e violerebbe altresì l’art. 24 Cost, perché, quando il possesso costituisce un addebito, la gravità dell’
onere probatorio rende impossibile il diritto di difesa. … Il sistema pertanto, letto in aderenza ai precetti costi-
tuzionali, non consente che venga posta a carico del cittadino la prova della legittimità del possesso di oggetti
archeologici, ma è l’accusa che deve dare la prova della illegittimità del suo possesso”. Nello stesso senso, in
via di principio, inoltre, Cass., sez. Terza, 16 marzo 2000, Dulcimascolo, in CP, 2001, n. 973.
(26) Cass., sez. Terza, 15 febbraio 2006, Salvo, in CED Cass. 233926.
(27) Cass., sez. Quarta, 1° febbraio 2005, Mirabella, in CED Cass. 231255: “appare condivisibile
l’orientamento… secondo cui il possesso di oggetti di interesse artistico, storico ed archeologico si deve ritenere
illegittimo, a meno che il detentore non dimostri di averli legittimamente acquistati. Tali oggetti, invero, sono
di proprietà dello Stato sin dalla loro scoperta e il loro impossessamento sia che provenga da scavo sia da rin-
venimento fortuito, è previsto dalla citata legge 1° giugno 1939, n. 1089… in effetti i beni di interesse archeo-
logico, storico, artistico, appartengono allo Stato, e le situazioni enucleate, in cui è consentita la proprietà pri-
vata, costituiscono deroghe al principio generale. Tali deroghe necessitano pertanto di una rigorosa prova”.
Conforme: Cass., sez. Terza, 4 novembre 2009 - 23 dicembre 2009, Dafarra, in CED Cass.
245743-01; Cass., sez. Quarta, 22 marzo 2016 - 11 aprile 2016, Cadario, in CED Cass. 266981-
01; Cass., sez. Terza, 26 aprile 2018 - 29 maggio 2018, Brancaccio, in CED Cass. 273724-01.
(28) Cass., sez. Prima Civ., 1° dicembre 2004, n. 22501, ric. Giberti, in CED Cass. arch. civile, 578633-
01: “Poiché, dalla entrata in vigore della legge 20 giugno 1909, n. 364, la proprietà sui reperti archeologici
appartiene, a titolo originario, allo Stato, il privato che rivendichi il proprio diritto di proprietà su detti beni
può solo eccepire, fornendone la relativa prova, che i beni stessi sono stati acquisiti in proprietà privata
prima del 1909 ovvero far valere una delle ipotesi nelle quali la legge 1° giugno 1939, n. 1089 consente
che quei beni ricadano in proprietà di privati”.
(29) Cass., sez. Prima Civ., 2 ottobre 1995, cit.
(30) In CED Cass. arch. civile 586959-01.
73