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LA TUTELA PENALE DEL PATRIMONIO CULTURALE INVISIBILE (O INCOGNITO)
antelucani e colà il controllo preventivo e repressivo delle forze dell’ordine è più
scarso che nelle aree urbanizzate), ovvero nel rinvenimento dei reperti all’esito
o nel corso di indagini tecniche nei confronti di tombaroli, trafficanti e mercanti
d’arte, la situazione tipo consiste nel rinvenimento casuale di reperti archeolo-
gici in contesti privati, spesso nell’ignoranza totale sull’epoca e il luogo dello
scavo. In sintesi, una volta dato per ammesso che a partire dal 1939 ed anzi, rec-
tius, fin dal 1909 , ogni reperto archeologico rinvenuto nel sottosuolo statale
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appartiene allo Stato a titolo originario, ex art. 826 c.c., si discute, ai fini della
prova del reato di impossessamento, se spetti alla pubblica accusa la prova del
possesso in capo all’imputato del reperto in questione e del rinvenimento in
epoca successiva al 1909 oppure se sia posta a carico del possessore, in quanto
imputato del reato di illecito impossessamento, la prova che la scoperta è avve-
nuta in epoca antecedente all’entrata in vigore della legge 20 giugno 1909, n.
364. Di converso, se nell’azione di revindica instaurata su iniziativa
dell’Amministrazione dei beni culturali, spetti a quest’ultima la prova dello
scavo post 1909 , oppure se sia onere del convenuto dimostrare la legittima
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titolarità sul bene .
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Sul punto si scontrano due indirizzi giurisprudenziali contrapposti. In
materia penale, per l’orientamento tradizionale, è presunta l’illegittimità del pos-
sesso privato di beni archeologici, in mancanza della prova, da parte del privato,
circa il legittimo acquisto .
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(20) La legge 20 giugno 1909, n. 364, all’art. 15 per la prima volta attribuiva allo Stato italiano la pro-
prietà dei reperti di nuova scoperta, così estendendo al Regno di Italia la disposizione vigente fino
al 1870 nello Stato pontificio (editto Pacca del 7 aprile 1820). Per la non configurabilità del reato
di ricettazione, con riferimento a reperti rinvenuti tra il 1909 e il 1939, invece, A. Avila, Il possesso
dei beni archeologici tra garanzie costituzionali e presunzione di colpevolezza nella giurisprudenza della Suprema
Corte, in CP, 2001, p. 980, per la quale la legge del 1909 sanciva la proprietà pubblica dei reperti
rinvenuti in seguito a ricerche archeologiche effettuate dalla autorità competente, ma nulla dispo-
neva con riferimento ai beni rinvenuti in scavi svolti da enti o da privati e ai beni scoperti fortui-
tamente; inoltre la legge del 1909 incriminava la omessa denuncia di scoperta fortuita e la ricerca
abusiva, ma non anche l’impossessamento delle cose ritrovate; né era possibile applicare la norma
sul furto, mancando il requisito dello spossessamento del legittimo proprietario (in quanto ignaro
della stessa esistenza della res inventa). Nel senso tuttavia della onnicomprensività della proprietà
statale dei reperti archeologici tratti dal sottosuolo, dopo il 1909, comunque rinvenuti, già Cass.,
sez. un civ., 27 giugno 1918, Min. Istruz. Pubblica c. Schiappa in Foro it., 1918, I, 869.
(21) G. Pioletti, Sulla probatio diabolica della legittimità del possesso di cose d’interesse archeologico (Nota a Cass.,
sez. Seconda, 27 giugno 1995), in CP, 1997, p. 521; G. Pioletti, Articolo 176, Impossessamento illecito
di beni culturali appartenenti allo Stato, in AA.VV., Il codice dei beni culturali, cit., p. 701.
(22) Cass., sez. Prima civ., 2 ottobre 1995, n. 10355, Ministero beni culturali c. Torno, in Foro it.,
1995, I, 2786-2791.
(23) In tal senso, Cass., sez. Seconda, 17 dicembre 1982, 16 luglio 1983, Waldner, in CED Cass.
160010: “il possesso di oggetti di interesse artistico, storico od archeologico si deve ritenere illegittimo, a meno che il
detentore non dimostri di averli legittimamente acquistati. Tali oggetti, invero, sono di proprietà dello Stato sin dalla
loro scoperta, ed il loro impossessamento, sia che provenga da scavo sia da rinvenimento fortuito, é previsto dalla
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