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DOTTRINA
È pur vero, infatti, che la confisca allargata, e il nome ne dà atto, non
debba essere legata indissolubilmente ad un nesso causale tra l’acquisto e il
delitto, ma è anche vero che quell’acquisto è colpito perché sproporzionato
rispetto al tenore di vita del soggetto, e dunque presumibilmente in qualche
modo connesso all’attività illecita accertata processualmente. E sebbene l’istitu-
to è prospettato al futuro (poiché si volge, oltre che a punire il passato, anche
ad evitare che quest’ultimo si ripeta ancora), è anche vero che senza una ragio-
nevolezza temporale la confisca allargata sarebbe semplicemente ancorata alla
riconducibilità del bene al soggetto condannato, e non ad una sproporzione di
valore rispetto ai suoi redditi. Senza quella ragionevolezza temporale, che oggi
la giurisprudenza richiede, la presunzione relativa diverrebbe una presunzione
assoluta, non superabile, e tradirebbe il testo normativo.
La Corte Costituzionale, con la pronuncia n. 33 del 2018, nel dichiarare
infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 12-sexies d.l. n.
306/1992, nella parte in cui annovera la ricettazione tra i reati presupposto della
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confisca allargata, offre poi ulteriori spunti di riflessione .
La Consulta infatti precisa, nella nota pronuncia, che il criterio della spro-
porzione non può essere il solo a fondare l’applicazione della confisca allargata, e
dunque l’illecita provenienza del bene, ma è necessaria una valutazione articolata
da parte del giudice, che si estenda a tutte le circostanze della fattispecie concreta
e della commissione del delitto. Utilizzando l’inserimento del delitto di ricettazio-
ne tra i reati presupposto, e le argomentazioni a fondamento della non fondatezza
della questione di incostituzionalità sollevata, la Consulta ha lo spunto per preci-
sare che, anche in tali casi, in cui il delitto commesso non appare sintomatico di
un fenomeno di criminalità organizzata o professionale, bisogna analizzare la per-
sonalità del reo e qualsiasi elemento connesso alla commissione del delitto, che sia
utile e rilevante per fondare o meno la presunzione di illecito arricchimento. E se,
considerati tutti i connotati fattuali della vicenda, non si possa giungere a ritenere
sussistente la sproporzione, il giudice non potrà applicare la misura, a prescindere
se il soggetto riesca o meno a soddisfare, in un secondo momento, l’onere di mera
allegazione circa la liceità. Tale onere rappresenta il passaggio successivo, al quale
si giunge solo dopo aver soddisfatto il primo.
Quanto affermato appare perfettamente in linea con i principi costituzio-
nali di cui agli artt. 24 e 27 Cost, il diritto di difesa e la presunzione di innocen-
za: non è il soggetto a dover provare la liceità, ma è l’accusa a dover provare la
sproporzione e la continuità e professionalità nel delinquere, in modo congruo
al superamento delle allegazioni della parte.
(19) Cfr. per la pronuncia dir. proc. pen., 2018, p. 612.
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