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DOTTRINA




                  La qualificazione come misura di sicurezza patrimoniale, con finalità pre-
             ventiva dominante, sarebbe fondata in tal caso, non su una necessaria valutazio-
             ne di pericolosità sociale del reo, poiché a rivelarsi pericolosa deve essere la rela-
             zione tra il bene e il soggetto .
                                         (16)
                  Ciò che si è sempre voluto ottenere con l’istituto in esame, del resto, è pro-
             prio arrivare alle ipotesi che si collocano al di fuori delle maglie della confisca
             ordinaria, e che dunque prescindono dai requisiti di quest’ultima, per poter appli-
             care anche ad esse la confisca dei beni del reo, e arginare così la sua carriera cri-
             minale. Il rischio, tuttavia, così procedendo, è di giungere ad automatismi antico-
             stituzionali e a strumentalizzazioni prive di meccanismi di garanzia. L’unico crite-
             rio  che  dovrebbe  scongiurare,  tali  conseguenze  di  illegittimità  dell’istituto  è  il
             requisito della sproporzione, l’unico della cui sussistenza si richiede la prova alla
             pubblica accusa, nel tentativo di soddisfare i principi costituzionali del nostro
             ordinamento, che richiedono appunto di punire solo nel caso in cui possa dirsi
             superata la presunzione di innocenza. Ed è quindi l’unico elemento di cui bisogna
             preservare la conformità a Costituzione, perché l’intero istituto possa continuare
             ad operare legittimamente.

             3.1 Il discrimen della sproporzione
                  La pronuncia a Sezioni Unite del 2004, caso Montella , ha dato il via ad
                                                                      (17)
             un percorso evolutivo incentrato sul criterio della sproporzione, nel tentativo di
             tenere agganciata la confisca allargata alle maglie costituzionali. La sentenza del
             Supremo Consesso, infatti, innanzitutto conferma che il giudice, in sede di con-
             fisca allargata, non è chiamato ad accertare alcun nesso causale tra i beni o uti-
             lità e il reato per cui è sentenza e/o l’attività illecita del soggetto; che è possibile
             così procedere a confisca allargata anche per beni acquisiti in epoca antecedente
             o successiva alla commissione del delitto, o di valore superiore rispetto ai pro-
             venti derivanti dal delitto stesso; che la sproporzione, una volta provata, può
             essere superata solo con la prova della provenienza lecita dei beni, prova che si
             atteggia a mera allegazione, da sottoporre al libero convincimento del giudice;
             che la presunzione di sproporzione non può essere superata negando la presen-
             za del nesso di pertinenzialità tra il bene e il reato per cui vi è condanna. Infatti,
             se si ragionasse a contrario, rendendo più rigido il criterio della sproporzione o
             addirittura la mera allegazione richiesta al soggetto, l’art. 240-bis c.p. non avreb-
             be alcuno scopo nel nostro ordinamento, in quanto nulla innoverebbe rispetto

             (16)  Cfr. S. Zoccali, L’operatività della confisca allargata: retroattività e ragionevolezza temporale fra giuri-
                  sprudenza interna, garanzie CEDU e normativa sovranazionale, Ordines, n. 1, giugno 2022.
             (17)  Sentenza reperibile su Foro it., vol. 127, n. 5, Maggio 2004.

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