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DOTTRINA




             22  gennaio  1987,  a  distanza  di  quasi  dieci  anni  dal  pensiero  espresso  da
             Massimo Severo Giannini nel suo famoso “Rapporto”: «È sembrato sul principio,
             ad una prima e facile lettura, che la Costituzione avesse inteso né più né meno che consolidare
             nel nuovo disegno ordinamentale la Corte tal quale l’aveva ricevuta - specchiato organo di con-
             trollo e di garanzia - da una ben rispettabile tradizione storica e da una ben collaudata espe-
             rienza istituzionale.
                  Ma ben presto si è fatta strada una diversa e più pregnante lettura del nuovo disegno
             costituzionale, che ha colto, al di là dell’intento di consolidamento costituzionale di un preesi-
             stente antico e glorioso Istituto di controllo e di garanzia dell’ordinamento, le prevalenti con-
             notazioni di novità e - se vogliamo - di promozione istituzionale inscritte - e non solo per impli-
             cito - nel disegno della Costituzione: novità non solo nella struttura e nella costituzione dell’or-
             gano, ma ben anche nelle funzioni ad esso intestate e nelle relazioni istituzionali nelle quali
             esso si colloca; novità nelle garanzie di autonomia e di indipendenza dell’organo e dei magi-
             strati che lo costituiscono (tale tipo di novità sarà rintracciabile nella legge 13 aprile
             1988, n. 117, cioè a un anno circa dalla sua nomina); novità nella generalità, pre-
             gnanza e integrazione delle sue funzioni di controllo e giurisdizionali (la novità in questo
             campo si realizzerà con le leggi n. 19 e n. 20 del 14 gennaio 1994, cioè a distanza
             di sette anni dalla sua nomina a Presidente della Corte dei conti); novità nella
             duplice ma ben diversificata interrelazione ausiliaria con Governo e Parlamento.
                  Novità sostanziali, non mero consolidamento o perfezionamento di struttura e di funzioni».
                  Un punto di vista che risuonò, in quell’Aula (l’aula delle Sezioni Riunite,
             dove ogni anno si tiene la cerimonia solenne della inaugurazione dell’anno giu-
             diziario), come un rimprovero nei riguardi di quanti si erano precipitati ad assi-
             stere a quell’evento. Infatti, egli sottolineò l’ancora evidente scostamento del-
             l’attività  di  controllo  (fondato  sul  parametro  della  legittimità)  svolta  dalla
             Magistratura contabile dai canoni posti, nel 1948, dai nostri Padri costituenti.
             Tra il silenzio imbarazzato dei Presidenti di Sezione presenti, Carbone scelse la
             via della rottura nei riguardi del “pensiero dominante”, quello che riteneva esse-
             re una primazia l’attività giurisdizionale esercitata per la ricerca della responsa-
             bilità amministrativa e contabile rispetto all’attività del controllo, di un controllo
             che appariva, peraltro, per il modo in cui era svolto, inetto, inutile, incapace di
             correggere le storture dell’azione amministrativa. Tanto da arrivare alla afferma-
             zione di una interpretazione, per quei tempi, a dir poco “eretica” del dover essere
             (e ancora non lo era…) - la Corte dei conti - organo “ausiliare del Governo”:
             «Novità che non sono state invero tutte di facile e complessiva lettura e nemmeno di facile e
             incontroversa introduzione nell’ordinamento.
                  E ciò non solo per le inerzie e per gli attriti che aggravano l’intelligenza e che contra-
             stano la vigenza effettiva di ogni incisiva e ambiziosa innovazione istituzionale, ma anche -


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