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DOTTRINA




                  Ed è chiaro che - leggendo l’art. 4 del d.lgs. n. 286/99 - non si tratta di
             avere una visione “giuridica” del modo di operare delle dirigenze, ma una visio-
             ne “economica” del funzionamento degli apparati.
                  Invece, non si riesce ad intraprendere un nuovo percorso - quello della mana-
             gerialità - per quelle carenze culturali alle quali il PNRR dovrebbe fornire risposta
             oggi, dimenticando i risultati che il Progetto FEPA aveva saputo perseguire negli
             anni precedenti al d.lgs. n. 29/93. Anche questo è uno dei tanti casi della storia delle
             Istituzioni italiane in cui si è usato l’oblio per non innovare, e lasciare che i veri pro-
             blemi della Pubblica Amministrazione italiana rimanessero ancora senza risposta.


             3.  Il richiamo alla sperimentazione del Progetto “Funzionalità ed Efficienza
               della  Pubblica  Amministrazione”.  La  presa  di  posizione  degli  Enti
               Locali (1981-1988) e il ruolo della Corte dei conti
                  Nel nostro Paese si può affermare che la partecipazione ai c.d.” movimen-
             ti culturali di rinnovamento” della Pubblica Amministrazione non è stata, nella
             massima parte dei casi, richiesta a coloro che avrebbero dovuto attuarlo.
                  Il perché è difficile da scoprire e, tanto meno, da spiegare. A stento si pos-
             sono formulare alcune ipotesi che cercheranno di fornirne le ragioni. Ciò si è
             verificato, probabilmente, per la supponenza “culturale” di chi era stato posto
             nella condizione di proporre misure di rinnovamento.
                  L’avere studiato solo a tavolino i problemi, senza passare da momenti di
             sperimentazione in grado di ricreare la coscienza degli operatori, e di generare
             quel convincimento ragionato al cambiamento, ha posto le condizioni per l’in-
             successo “ante litteram” di qualsiasi proposta si sia voluta fare. Si è, poi, partiti
             da una convinzione, quella secondo cui le burocrazie non sono in grado di
             automigliorarsi, oppure che è inutile pensare che possano proporre delle valide
             alternative al modo di amministrare, cioè di fornire esecuzione alla legge risul-
             tando ancorate al cd. “precedente”. Ma, fra le tante misure, tra il 1981 e il 1988,
             una  di  queste  è  stata  nominata  correttamente  “Progetto”,  in  sigla  Progetto
             “FEPA” . Di tale Progetto poco si è scritto, così come poco si è dibattuto nel
                    (13)
             campo  amministrativistico.  E  ciò  in  quanto  esso  risultava  essere  fondato  su
             definizioni dei parametri della efficienza, della economicità, della efficacia lon-
             tani dal modo di pensarli, di proporli (in maniera vaga, cioè senza l’ancoraggio
             a regole di natura matematica) del mondo accademico.


             (13)  Cfr., Corte dei conti e buon andamento della PA nelle relazioni della Sezione Enti Locali (1981-1988).
                  Il richiamo del Progetto FEPA (a cura di R. Scalia), in Collana Politiche Pubbliche Gestione Controllo,
                  dossier n. 6.4, Ed. Istituto Max Weber, 2011, pagg 37-120.

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