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                    conflitti interni all’organizzazione e tra soccorritori;
                    carenze nei processi di selezione e formazione degli operatori;
                    mancanza di programmi di supporto psicologico dei soccorritori.
                  Esiste un’altra forma di traumatizzazione, definita “trauma pseudosecondario”
             in cui il soccorritore, impegnato in attività emergenziali, si immerge direttamente
             e quindi in modo non mediato nella situazione traumatica. I ruoli di soccorritore
             e vittima si confondono e il trauma “attraversa” e colpisce da vicino il soccorri-
             tore che di fatto non si distingue più dalla vittima. Se in questo tipo di trauma-
             tizzazione il soccorritore esperisce direttamente la realtà traumatica perché coin-
             volto direttamente, la “traumatizzazione secondaria” può colpire gli operatori del
             soccorso che interagiscono con le vittime di I tipo e quindi indirettamente con
             il trauma (Roulet, 2018). In questo tipo di traumatizzazione, il soccorritore è
             come “contagiato” a livello psichico per mezzo dell’empatia che è il canale d’ac-
             cesso del trauma primario verso il sistema psichico del soccorritore.
                  Nel 1992 Joinson coniò invece il termine di Compassion Fatigue che si asso-
             cia a un logorio psicologico che può derivare da sentimenti di profonda condi-
             visione del soccorritore con il disagio altrui, accompagnati da un forte desiderio
             di alleviarne la sofferenza o eliminarne la causa (Figley, 1995).
                  Un altro filone di ricerca si è incentrato sulla sindrome del Burnout, feno-
             meno  evidenziato  la  prima  volta  nel  1974  dallo  psicoanalista  Herbert  J.
             Freudenberger. Successivamente, Maslach (1977) approfondì il costrutto defi-
             nendolo come un tipo di stress che nasce dall’interazione sociale tra soccorritore
             e vittima e sviluppò una procedura di valutazione basata su un questionario
             autosomministrato nell’ambito della ricerca. Il burnout ha a che fare con una sin-
             drome di “svuotamento” fisico, emotivo e mentale causato dal coinvolgimento
             a lunga scadenza in situazioni emotivamente esigenti (Pines, Aronson, 1989)
             come una combinazione di esaurimento emotivo, depersonalizzazione  e senso
                                                                                (8)
             di ridotta efficienza nello svolgimento della professione. Rispetto ad altri distur-
             bi legati al trauma, il burnout non insorge in modo acuto o improvviso, ma si svi-
             luppa in modo graduale e deriva maggiormente da fonti di stress occupazionali
             come il carico di lavoro, la pressione temporale e la difficoltà nella relazione con
             un’utenza portatrice di disagio, ma non necessariamente traumatizzata (Roulet,
             2018). Il burnout quindi, oltre che sull’operatore, esprime conseguenze negative
             anche in ambito lavorativo attraverso fenomeni quali l’assenteismo, l’aumento
             del turnover, la conflittualità, la caduta della performance.


             (8)   Atteggiamento di distacco e ostilità nei confronti della relazione professionale (freddezza e
                  cinismo): il soccorritore tenta di sottrarsi al coinvolgimento, limitando il numero e la qualità
                  dei propri interventi professionali (Roulet, 2018).

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